Autore Topic: Cinquant'anni fa si spense il sorriso di Papa Giovanni XXIII  (Letto 459 volte)

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Offline pinkfloyd

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Il 3 giugno 1963 era un lunedì, come quest’anno. Papa Roncalli mormora: «La mia giornata terrena finisce ma il Cristo vive e la Chiesa ne continua la missione nel tempo e nello spazio». La sua è la morte di un patriarca, amato come un padre.


"Quanto alla sua salute, a un certo momento, senza che io gliene chiedessi, Papa Giovanni mi dice che è solo un disturbo di gastrite (di tanto in tanto si vedeva e si sen­tiva che aveva dei rutti) e che ora sta bene, ma che è sempre pronto a partire come, d’altra parte, è stata sempre sua abitudine, e questo lo rende sereno».

Cinquant’anni fa, il 9 febbraio 1963, il direttore de «La Civiltà Cattolica» il gesuita Roberto Tucci, oggi cardinale 92enne, ha una delle periodiche udienze con Giovanni XXIII e le racconta nei suoi diari, recentemente pubblicati dallo storico de «La Civiltà Cattolica» padre Giovanni Sale.

Narra Tucci: «Dalle 11,10 alle 12,50 resta seduto alla scrivania e mi parla dei suoi rapporti con i fratelli separati improntati a benignità unita a prudenza e senza illusioni: non serve a nulla urtarli. A esemplificare i buoni frutti del suo atteggiamen­to di semplicità e bontà che smonta gli avversari, mi comunica in via riservata la notizia della scarcerazione del metropolita degli Ucraini (monsignor Joseph Slipyi liberato in quei giorni, n.d.r.). Sottolinea che certi atteggiamenti non fanno che irritare; invece i buoni rapporti con Kru­scev hanno ottenuto un passo distensivo. Non ritiene che Kruscev sia quel cinico che si dice; ha le sue gravi difficoltà interne ma è animato da buoni propositi».

Il giornale americano «The New York» considerava il Papa bergamasco «Un cristiano sul trono di Pietro». Il 1962 si era chiuso con una riforma storica per l’Italia: il 21 dicembre la Camera, con 243 sì e 137 no, introduce la scuola media unificata e innalza l’obbligo scolastico a 14 anni mentre il Partito comunista vota contro perché è «un pasticcio didattico e pedagogico».

Il 1963 si apre con una decisione inquietante: il 24 gennaio il presidente del Consiglio Amintore Fanfani annuncia l’installazione dei missili «Polaris» a lunga gittata dislocati dagli Usa in vari Paesi Nato.

Nell’anno de «La dolce vita», il capolavoro di Federico Fellini che vince l’Oscar, la magistratura sequestra il film «Viridiana» di Luis Buñuel, nega il visto della censura a «L'ape regina» di Marco Ferreri, sequestra l’episodio «La ricotta» di Pier Paolo Pasolini che condanna per vilipendio della religione cattolica: sarà assolto in appello. In febbraio il servizio militare è ridotto da 18 a 15 mesi mentre gli incidenti negli stadi di Napoli e Sa­lerno causano un morto e 74 feriti.

Il 7 marzo Giovanni XXIII riceve Rada e Aleksej Adiubej, figlia e genero di Nikita Kruscev: l’incontro con il diret­tore delle «Izvestija», organo del Go­verno sovietico, ha una vastissima risonanza, come l’11 aprile l’enciclica «Pacem in terris» ha una straordinaria accoglienza. Il 10 maggio in Vaticano Giovanni XXIII riceve il «Premio Bal­zan per la pace» dal presidente della Repubblica Antonio Segni e l’11 va in visita ufficiale al capo dello Stato: è la prima volta dalla presa di Roma nel 1870. Il 28 maggio «L'Osservatore romano» rende di pubblico dominio la gravità della malattia, un tumore allo stomaco e il 31 il Papa entra in agonia mentre il governatore della Banca d'Italia Guido Carli, nella relazione annuale, sostiene la necessità di ridurre la spesa pubblica, di restringere il credito, di contenere gli aumenti salariali.

Una grande folla prega e piange in piazza San Pietro. Il 3 giugno Giovanni XXIII muore alle 19,49: l’e­mozione è fortissima e il 6 giugno ai funerali partecipa una folla immensa e nelle chiese di tutto il mondo uomini e donne si raccolgono in preghiera. La pubblicazione delle memorie dei protagonisti di quella stagione felice per la Chiesa porta alla luce sempre nuovi episodi, i «fioretti di Papa Giovanni».

Monsignor Sergio Mendes, vesco­vo di Cuernavaca (Messico), racconta «un episodio delizioso». Spiega al Papa quanto è povera la sua gente e quanto gli piacerebbe che si nutrisse della Sacra Scrittura, ma purtroppo mancano i soldi per diffondere la Bibbia.

«Oggi, Santo Padre, praticamente non c'è più nessuna differenza fra le buone traduzioni cattoliche e le buone traduzioni protestan­ti. Potrei non solo permettere che circolino le Bibbie protestanti, ma persino aiutare a diffonderle?».

E il Papa, battendogli sulla spalla: «Non ti manderò al Sant’Uffizio per questo». Il vescovo si spinge oltre: «Ma se mi ci porta­no, Vostra Santità verrà in mio soccorso?».

L’uomo di Dio risponde con le parole del salmo: «Grida a me e io verrò a salvarti». La testimonianza di padre Tucci è ricca di particolari: «Mi narra che il giornalista americano Norman Cousins aveva portato a Kruscev i suoi auguri per Natale, aggiungendo la richiesta di liberare il metropolita Slipyi. Kruscev aveva raccontato come fosse stato educato in una famiglia religiosa, ma poi si era allontanato perché, volendo lavorare per il rinnovamento sociale, aveva visto che i "pope" erano tutti schiavi del regime zarista e dei ricchi… Di Kennedy il Papa dice di com­prendere la cautela di non mostrarsi troppo favorevole alla Chiesa cattolica per non perdere l’appoggio dei protestanti».

Ovviamente la prima preoccupazione del Pontefice è per il Concilio: «Dice di esserne pienamente soddisfatto: il Concilio è vera­mente entrato in pieno nel suo lavoro. Si è lamentato del fatto che il Sant’Uffizio crede di coman­dare lui; ha detto di averli dovuti mettere a posto; pur lodando le buone disposizioni d'animo del cardinale Alfredo Ottaviani, di monsignor Pietro Parente e di altri, dice che ancora non hanno capito e che certi modi di agire non può asso­lutamente approvarli.

Osserva che purtroppo alcuni eminenti padri conciliari, perché hanno insegnato teologia, credono di dover fare dei testi conciliari dei manuali di teologia; riafferma che non si tratta di dirimere que­stioni dottrinali».

Nella prima sessione (11 ottobre-8 dicembre 1962) il Papa «ha preferito non intervenire per lascia­re ai padri la libertà di discussio­ne e la possibilità di trovare la giusta via; d’altra parte egli, non avendo la necessaria competenza nelle varie questioni, poteva con qualche suo interven­to creare più disturbo che aiuto; i vescovi dovevano imparare da sé e lo hanno fatto».

Molto severo il giudizio sugli ambienti curiali: «Dice che hanno la mentalità piccina, ristretta, perché non sono stati mai fuori di Roma, fuori dalla "Ciociaria": non riescono a veder le cose della Chiesa in una prospettiva veramente universale. Mi chiede se ho qualcosa da comunicare o da osservare sull’atteggiamento del Papa, su quello che si dice. Si rende conto che anche nella mia comunità ci saranno alcuni che non condivi­dono la sua linea». Il 3 giugno era un lunedì, come quest’anno.

Papa Roncalli mormora: «La mia giornata terrena finisce ma il Cristo vive e la Chiesa ne continua la missione nel tempo e nello spazio». La sua è la morte di un patriarca, amato come un padre.

Pier Giuseppe Accornero
 Fonte BergamoNews

Vivi e lascia vivere, perché niente è più importante della vita, quindi fregatene di ciò che pensano, fregatene di chi non ti è amico, fregatene di chi parla alle tue spalle, vivi alla faccia di coloro che sono invidiosi, vivi alla faccia di chi è falso, dimentica chi ti ha fatto male e sorridi, si indifferente al suo pensiero e ricorda che... il vero amico sei solo tu! Straordinaria follia.
 


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