Quando i lavoratori dipendenti diventano genitori hanno diritto per legge ad assentarsi dal lavoro per un periodo determinato, così da poter assistere la nascita e i primi mesi del bambino. Tali periodi vengono definiti congedi parentali e sono regolati dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, vale a dire il “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53 (in GU n. 96 del 26 aprile 2001 - Supplemento Ordinario n. 93).


L’articolo 2, comma 1 del TU definisce la nozione più generale di congedo parentale come “astensione facoltativa del lavoratrice e del lavoratore” differenziando il concetto da quelli di congedo di maternità (astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice) e congedo di paternità (astensione dal lavoro del lavoratore, fruita in alternativa al congedo di maternità). Viene introdotto anche il congedo per la malattia del figlio, con cui si intende l’astensione facoltativa dal lavoro della lavoratrice o del lavoratore in dipendenza della malattia stessa; con il termine lavoratore, sempre secondo il Testo Unico, ci si riferisce al lavoratore dipendente e non quello autonomo.

In base a questa classificazione possiamo identificare in quali fattispecie si verificano le condizioni per poter usufruire del congedo e quali caratteristiche, a seconda del genitore, esso presenta.