Due fratelli hanno un libretto di risparmio e, come s.n.c., un conto corrente presso un’importante banca. Ci sono rapporti di amicizia tra loro ed il vice-direttore della filiale. Ma ciò non significa che possa fare ciò che vuole dei loro soldi. Viene infatti condannato a risarcire i 350 milioni di lire sottratti ai fratelli. Una mattina del febbraio 1986 aveva azzerato il libretto, ed emesso un assegno post-datato intestato alla s.n.c., senza comunicarlo a nessuno. Uno dei fratelli, il pomeriggio, si era recato in banca, dove aveva consegnato a un dipendente della banca, inviato dall’alto, il libretto, sottoscrivendo anche dei documenti in bianco. Resosi conto della situazione, aveva espresso le proprie perplessità. Il vice-direttore lo aveva rassicurato, specificando che quando avesse incassato l’assegno avrebbe lucrato della differenza di 70 milioni di lire. Senonchè è stato poi arrestato per illeciti commessi ai danni di altri clienti della banca. La banca è responsabile? Nello stesso processo, è chiamata anche la banca. In primo grado è riconosciuta responsabile solidale. In appello viene condannata al pagamento, in solido con il suo vice-direttore, di 180mila euro. La banca ricorre in Cassazione. Secondo l’art. 2049 c.c., i «padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti». Per la Suprema Corte (sentenza 21724/12) la Corte d’Appello ha interpretato la norma nel senso che la responsabilità del datore vige anche nel caso in cui il dipendente «agisca autonomamente nell’ambito dell’incarico, e persino ove lo stesso ecceda dai limiti concessi o trasgredisca agli ordini ricevuti, attuando una condotta contraria alle direttive e non riconducibile agli interessi del datore». La fase preparatoria è avvenuta all’insaputa dei clienti, ma approfittando della qualità di vice-direttore, «con abuso dei suoi poteri gerarchici e riserva di ratifica in giornata, così individuando quel rapporto di occasionalità necessaria, sotteso alla responsabilità datoriale». Tale ratifica è peraltro avvenuta dietro richiesta, dai titolari del conto, di investimenti più lucrativi, rendendo inequivocabile che l’operazione risultasse propria della banca. La Corte rigetta il ricorso della banca, che rimane condannata a pagare in solido la somma sottratta dal suo vice-direttore ai due risparmiatori.
Fonte:
www.dirittoegiustizia.it