Autore Topic: Incolpevole il medico del 118 [Responsabilità e Sicurezza]  (Letto 756 volte)

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Offline ninfea

Incolpevole il medico del 118 [Responsabilità e Sicurezza]
« il: Agosto 26, 2014, 22:03:40 pm »

Incolpevole il medico del 118 se il paziente presenta specifica urgenza terapeutica


La colpa professionale del medico deve valutarsi tenendo conto della qualifica ricoperta dal professionista, delle specializzazioni ricoperte dallo stesso e del grado di difficoltà e urgenza di cui debba occuparsi. E’ stato così stabilito dalla Cassazione nella sentenza 24528/14.

Il caso

Il Tribunale di Palermo condannava per omicidio colposo il medico in servizio presso un’ambulanza del servizio del 118. La sentenza era poi stata confermata dalla Corte d’appello. Secondo i giudici di merito, l’imputato, di fronte al paziente in stato di coma per assunzione di psicofarmaci ed alcool, aveva omesso di effettuare la pulizia del cavo orale e l’intubazione orotracheale, decidendo, invece, di somministrare un farmaco emetizzante, cagionando così la morte dell’assistito per asfissia da occlusione della via respiratoria.

Il soccombente decideva, poi, di ricorrere per cassazione, lamentando carenza di motivazioni. In particolare, l’imputato affermava che non era vero che fosse al corrente della consumazione di un pasto da parte del paziente. Ad eccezione del figlio della vittima, tutti i testi e gli atti di polizia parlavano, difatti, dell’assunzione di sostanze alcoliche e psicofarmaci. La mancata considerazione di questi dati, secondo il soccombente, aveva portato a valutazioni sbagliate da parte del giudice territoriale, che aveva pure teorizzato la necessità della pulizia del cavo orale e la successiva intubazione, manovre che avrebbero sicuramente richiesto un’anestesia, che nella fattispecie era decisamente controindicata. La pronuncia di secondo grado, per la difesa, si era limitata a richiamare acriticamente la prima sentenza, senza valutare le deduzioni difensive.

La Suprema Corte accoglieva il ricorso. In particolare riconosceva che la sentenza impugnata aveva trascurato le valutazioni dei consulenti della difesa a dimostrazione della corretta condotta terapeutica del ricorrente, in particolare sulle controindicazioni all’intubazione domiciliare in via d’urgenza. La sentenza d’appello presentava infatti enunciazioni vaghe in relazione alla conoscenza del rischio connesso all’assunzione del cibo da parte del paziente. La Corte censurava anche la sentenza impugnata in riferimento alla parte in cui riteneva condotta colposa la mancata effettuazione di intubazione oro tracheale. Il giudice territoriale non spiegava, infatti, in cosa esattamente tale intervento consistesse e quali fossero i rischi reali rapportati alla situazione di emergenza nella quale il sanitario si trovava.

La Cassazione richiamava, poi, l’art. 2236 c.c. (responsabilità del prestatore d’opera) che, indipendentemente dalla sua discussa diretta applicabilità all’ambito penale, esprime un criterio di razionalità del giudizio. La norma civilistica può trovare applicazione in tema di colpa medica, quando il caso specifico sottoposto al medico professionista comporti la soluzione di problemi di specifica difficoltà. In tal caso la norma deve essere utilizzata dal giudice come regola di esperienza, per valutare eventualmente l’addebito di imperizia del medico, in casi di emergenza o che richiedano risoluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà.

La Suprema Corte, quindi annullava con rinvio la sentenza impugnata, poiché il caso di specie si caratterizzava per particolare difficoltà della diagnosi, accresciuta dall’urgenza, caso che quindi deve distinguersi da quello in cui, invece, il medico è malaccorto, non si adopera per fronteggiare adeguatamente l’urgenza o tiene semplicemente comportamenti omissivi, quando la sua specializzazione gli impone di agire tempestivamente proprio in emergenza. La Corte affermava, in sintesi, il principio secondo cui la colpa professionale del terapeuta e in generale dell’esercente una professione di elevata qualificazione va parametrata alla difficoltà tecnico-scientifica dell’intervento richiestogli ed al contesto in cui esso si sia svolto.


Fonte: www.dirittoegiustizia.it
                                  
 


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