Autore Topic: Testamento, per la firma basta uno spazio libero [Cittadino e Istituzioni]  (Letto 839 volte)

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Offline ninfea


Testamento, per la firma basta uno spazio libero


Viene rispettato il dettato normativo dell’art. 602 c.c. (testamento olografo) anche quando la sottoscrizione delle disposizioni di ultima volontà sia stata apposta a margine o in altra parte della scheda, anziché in calce alla medesima, a causa della mancanza di spazio su cui apporla. Lo afferma la Cassazione nella sentenza 14119/14.


Il caso

Un uomo conveniva in giudizio la sorella, domandando la nullità della lettera della madre, redatta come testamento, con declaratoria di inesistenza delle disposizioni, sia per mancanza della firma in calce, sia perché non erano contenute delle volontà testamentarie. La Corte d’appello di Firenze rigettava la domanda, rilevando che il testo occupava interamente le due pagine della lettera e che le ultime righe dello stesso dovevano essere individuate, secondo la lettura naturale e logica, in quelle poste sopra all’inizio del testo complessivo, e scritte alla rovescia rispetto alla prima parte, consistenti nella frase «spero tu mi riconosca come mamma ti bacio tanto P.».

La scelta di completare in questo modo la lettera era dovuta alla mancanza di uno spazio più adatto sul foglio. L’uomo ricorreva in Cassazione, ritenendo che quest’ultima espressione non fosse idonea a suggellare una manifestazione di ultima volontà sia per il suo tenore sia per la sua collocazione. Chiedeva, quindi, alla Corte di stabilire se l’art. 602 c.c. (testamento olografo) prescriva che la sottoscrizione di un testamento olografo, requisito essenziale ai fini della validità del testamento, debba essere apposta in calce al medesimo, non essendo sufficiente una sottoscrizione apposta all’inizio del testo o in altro punto casuale. In più, contestava che ci fosse un’indicazione chiara ed inequivoca dell’identità del testatore, non ritenendo sufficiente un’espressione dubitativa o di auspicio, in quanto è necessario rivelare la consapevolezza, nel testatore di convalidare, con detta sottoscrizione, un atto contenente disposizioni aventi valore testamentario.

Infine, lamentava l’assenza di volontà della madre di disporre con la lettera dei propri beni in seguito alla sua morte, basandosi sui toni ipotetici, sull’evidente emotività, e sui continui riferimenti ad un futuro incerto presenti nella lettera. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione, innanzitutto, ricordava che viene rispettato il dettato normativo dell’art. 602 c.c. anche quando la sottoscrizione delle disposizioni di ultima volontà sia stata apposta a margine o in altra parte della scheda, anziché in calce alla medesima, a causa della mancanza di spazio su cui apporla (come era avvenuto nel caso di specie).

Riguardo alla non riconducibilità agli atti mortis causa della lettera, la Corte sottolineava che, perché si abbia una manifestazione di ultima volontà, e quindi esista un negozio mortis causa, è necessario soltanto che lo scritto contenga la manifestazione di una volontà definitiva dell’autore, nel senso che essa si sia compiutamente ed incondizionatamente formata e manifestata e sia diretta a disporre attualmente, in tutto o in parte, dei propri beni per il tempo successivo alla propria morte. Anche questo profilo era stato valutato correttamente dai giudici d’appello. Infine, per quanto concerneva la sussistenza della volontà certa di disporre dei propri beni, la Cassazione rilevava che, ai fini della configurabilità di una scrittura privata come testamento olografo, non è sufficiente il riscontro dei requisiti di forma previsti dall’art. 602 c.c..

Infatti, è necessario anche l’accertamento dell’oggettiva riconoscibilità nella scrittura della volontà attuale del suo autore di compiere non già un mero progetto, bensì un atto di disposizione del proprio patrimonio per il tempo successivo al suo decesso. Questo accertamento è rimesso al giudice di merito (ed è incensurabile in sede di legittimità se correttamente valutato) e costituisce un prius logico rispetto alla stessa interpretazione della volontà testamentaria. Nel caso di specie, anche questo aspetto era stato esaminato dettagliatamente dalla Corte d’appello, che aveva concluso nel senso della piena volontà della donna di disporre dei propri beni. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.



Fonte: www.dirittoegiustizia.it

                                  
 


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