NAPOLI E L’ITALIA DEI FURBI: DISOCCUPATI E ASSENTEISTI, MA PAGATI DALLO STATO
È uno scandalo solo all’inizio, che può smascherare un vulcano di ruberie. L’inchiesta di Napoli sulle ditte fantasma che dovevano riqualificare i disoccupati ha i contorni dell’ennesimo spreco. Più vergognoso degli altri, perchè trasforma nel più bieco clientelarismo un’occasione di riscatto. Il perimetro della vicenda è impressionante. La Digos vuole capire che fine hanno fatto sessanta milioni di euro stanziati da Stato e Regione Campania per finanziare i corsi destinati a fornire nuove competenze professionali a chi aveva perso il lavoro. Tutto è cominciato con una constatazione choc: una decina di corsisti, finiti in carcere, continuavano a percepire l’assegno di cinquecento euro. Un assessore regionale ha segnalato l’anomalia alla polizia e sono scattati i controlli su sette aziende. In quel momento le sette avrebbero dovuto schierare mille “corsisti” ma gli agenti ne hanno trovati meno di cento, nonostante i nomi di molti altri risultassero sul registro delle presenze. Molte delle ditte, poi, avevano lo stesso indirizzo. E adesso gli investigatori sospettano che si trattasse di sigle fantasma, create ad arte solo per ingurgitare le sovvenzioni pubbliche. Ulteriori controlli, poi, hanno fatto scoprire che un’altra delle aziende finanziate era stata bandita dai rapporti con la pubblica amministrazione: i suoi titolari risultavano in contatto con camorristi. Possibile che tanto denaro pubblico venga buttato via senza nessuna verifica? O anche nei palazzi del potere c’è chi si è tagliato la sua fetta di torta?