Autore Topic: Mamma e papà litigano… e il figlio può dire la sua [Cittadino e Istituzioni]  (Letto 989 volte)

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Mamma e papà litigano… e il figlio può dire la sua

Nelle controversie relative al regime di affidamento e di visita del minore, la nomina del difensore o di un curatore speciale in rappresentanza dello stesso, non è necessaria, potendo infatti il minore essere ascoltato direttamente dal giudice nel caso in cui si riscontri un discernimento adeguato. Lo stabilisce la Cassazione nella sentenza 7478/14.


Il caso

Il Tribunale per i minorenni di Milano emetteva un provvedimento con cui disponeva l’affidamento esclusivo della figlia minore di una coppia al padre, con mandato al servizio sociale di regolamentare gli incontri con al madre in modo protetto e con indicazione di ampliamento e maggiore autonomia all’esito di percorso terapeutico da parte di quest’ultima. Anche in appello la decisione veniva confermata, in quanto gli assistenti sociali avevano evidenziato il perpetrarsi di un disagio psicologico della madre, che era stato accompagnata anche da un rifiuto ad intraprendere un percorso terapeutico. Avverso tale pronuncia ricorreva per cassazione la donna, deducendo al nullità del provvedimento emesso per non aver disposto la nomina di un curatore speciale alla minore e di un difensore alla stessa. Il Collegio ritiene il motivo manifestamente infondato in quanto la presenza del difensore o curatore speciale è necessaria solo per i provvedimenti limitativi ed eliminativi della potestà genitoriale, ove si pone un concreto conflitto d’interessi tra i genitori e il minore, e non in una controversia relativa al regime di affidamento e di visita del minore, figlio di una coppia che ha deciso di cessare la propria comunione di vita. In tale ipotesi, diversamente dal procedimento di adozione, ove è prevista ex lege l’assistenza legale del minore, ritenendosi in re ipsa il conflitto d’interessi con i genitori, « la partecipazione del minore nel conflitto genitoriale deve esprimersi, ove ne ricorrano le condizioni di legge, se, se ne ravvisi la corrispondenza agli interessi del minore medesimo e si riscontri un grado di discernimento adeguato, mediante il suo ascolto oltre che mediante l’esercizio dei poteri istruttori officiosi di cui il giudice può usufruire in virtù della natura e della preminenza dell’interesse da tutelare». Tale principio già codificato nell’art. 155 sexies c.c. con riferimento ai provvedimenti relativi all’affidamento dei figli minori, è stato ribadito dall’art. 315 bis c.c., introdotto dalla l. n. 219/2009. La nuova norma ha esteso l’obbligo di ascolto a tutte “le questioni e le procedure” che riguardano il minore, così dando piena attuazione all’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo. Per tali ragioni la pretesa della madre non può essere accolta dalla Corte che rigetta pertanto il ricorso.


Fonte: www.dirittoegiustizia.it
                                  
 


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