Autore Topic: Violenze fisiche e psicologiche [Cittadino e Istituzioni]  (Letto 891 volte)

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Offline ninfea

Violenze fisiche e psicologiche [Cittadino e Istituzioni]
« il: Luglio 27, 2014, 17:11:29 pm »

Violenze fisiche e psicologiche

Il reato di maltrattamenti in famiglia è integrato dalla condotta dell’agente che sottopone la moglie ad atti di vessazione reiterata e tali da cagionarle sofferenza, prevaricazione e umiliazioni, in quanto costituenti fonti di uno stato di disagio continuo e incompatibile con normali condizioni di esistenza. Rilevano, entro tale prospettiva, non solo le percosse, lesioni, ingiurie, minacce, privazioni ed umiliazioni imposte alla vittima ma anche gli atti di disprezzo e di offesa arrecati alla sua dignità che si risolvano nell’inflizione di vere e proprie sofferenze morali. È quanto affermato dalla Cassazione nella sentenza 19674/14.


Il caso

La Corte d’Appello di Trento confermava la sentenza di primo grado che condannava un uomo per maltrattamenti commessi a danno della moglie, costringendola a vivere in uno stato di sottomissione - attraverso violenze fisiche e psicologiche -, a svolgere lavori domestici per tutti i componenti della famiglia e impedendole di vedere altre persone. Il difensore dell’imputato propone ricorso per cassazione, sostenendo che l’intera vicenda processuale mostrava i connotati di un sostrato culturale chiaramente estraneo a quello europeo: tale tesi era confermata da una teste, la quale aveva riferito che non si trattava di maltrattamenti ma solo di incompatibilità caratteriale tra i due coniugi, resa ancor più marcata dalla condizione di clandestinità della parte offesa.

Il ricorso è inammissibile: è del tutto irrilevante la questione relativa al sostrato culturale ma anche la condizione di clandestinità della persona offesa. Né può essere considerata la sua illusione di emancipazione sociale all’atto di ingresso nel territorio italiano. Per l’integrazione del reato di maltrattamenti in famiglia, infatti, è necessaria la condotta dell’agente che sottopone la moglie ad atti di vessazione reiterata e tali da cagionarle sofferenza, prevaricazione e umiliazioni, in quanto costituenti fonti di uno stato di disagio continuo e incompatibile con normali condizioni di esistenza.

Rilevano, entro tale prospettiva, non solo le percosse, lesioni, ingiurie, minacce, privazioni ed umiliazioni imposte alla vittima ma anche gli atti di disprezzo e di offesa arrecati alla sua dignità che si risolvano nell’inflizione di vere e proprie sofferenze morali. Per tali considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.


Fonte: www.dirittoegiustizia.it
                                  
 


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