Autore Topic: Proprietà privata sul locale caldaia: c’è da vincere la presunzione [Casa e Condominio]  (Letto 849 volte)

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Offline ninfea



In un edificio condominiale, le porzioni di immobile come il corridoio di accesso alle cantine, il vano sottoscala e il locale caldaia costituiscono cose presuntivamente comuni ex art. 1117 c.c.. Di conseguenza, spetta a chi rivendichi l’acquisto uti singuli di dette porzioni di immobili l’onere di provare che queste furono avocate a sé dal venditore col primo atto di frazionamento. È quanto stabilito dalla Cassazione nella sentenza 9523/14.


Il caso

La Corte d’appello di Milano riformava la sentenza di primo grado, che, sulla base delle tabelle millesimali approntate dal ctu, aveva dichiarato la proprietà comune del sottoscala di arrivo alle cantine, dei relativi anditi e corridoio, del locale caldaia. Al contrario, i giudici d’appello dichiaravano che le tabelle millesimali, di cui alla ctu, erano inidonee a rappresentare le quote millesimali di proprietà privata e delle corrispondenti parti comuni e condannavano il condominio a rimuovere gli impianti tecnologici nel locale caldaia.

Il condominio ricorreva in Cassazione, chiedendo alla Corte di accertare se, in un edificio condominiale, costituiscano cose presuntivamente comuni, ex art. 1117 c.c. (parti comuni dell’edificio), il corridoio di accesso alle cantine, il vano sottoscala ed il locale caldaia. Inoltre, invitavano i giudici di legittimità ad accertare se la scheda catastale costituisca un semplice indizio, in concorso con altri, per l’identificazione di beni compravenduti di assoluta incertezza o se, al contrario, costituisca una prova di proprietà. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che, in un edificio condominiale, le porzioni di immobile come quelle su cui si dibatteva (corridoio di accesso alle cantine, vano sottoscala e locale caldaia) costituiscono cose presuntivamente comuni ex art. 1117 c.c.. Di conseguenza, spetta a chi rivendichi l’acquisto uti singuli di dette porzioni di immobili l’onere di provare che queste furono avocate a sé dal venditore col primo atto di frazionamento. A tal fine, la sola scheda catastale non è di per sé idonea ad affermare l’esistenza di un diritto individuale di proprietà rispetto a beni per cui è sancita la presunzione di condominialità. I giudici d’appello avevano, quindi, errato a considerare l’atto notarile di compravendita per individuare esattamente la condominialità o meno di detti beni. Al contrario, doveva essere data importanza all’atto costitutivo del condominio per considerare l’esclusione o meno di determinati beni da quelli per i quali vi è presunzione di legge di appartenenza al condominio medesimo. Perciò, andava valutato differentemente l’atto con la trascrizione del regolamento condominiale. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso.


Fonte: www.dirittoegiustizia.it
                                  
 


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