Autore Topic: acqua potabile in bici  (Letto 554 volte)

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Offline ninfea

acqua potabile in bici
« il: Febbraio 23, 2011, 07:16:14 am »


L’idea di usare il moto dei pedali di una bicicletta per generare energia non è nuova – oltre che accendere il fanale del veicolo, con la forza di una dinamo qualcuno ha già pensato di alimentare, per esempio, il caricabatterie dei telefonini in quei paesi dove le prese di corrente scarseggiano.

Alla Nippon Basic di Kawasaki, vicino a Tokyo, hanno pensato a un utilizzo ancora più originale e, considerando che ogni anno nel mondo quasi due milioni di bambini muoiono di sete, senz’altro più utile: sfruttare la forza della pedalata per far filtrare acqua contaminata in modo da renderla potabile.

L’impianto si chiama Cycloclean e consiste in una bici sportiva, con gomme a prova di foratura e un impianto filtrante contenuto in una scatola alloggiata sopra la ruota posteriore del velocipede. Ai lati della gomma sono agganciate tre cartucce filtranti.

Senza bisogno di benzina o elettricità il congegno, collegato alla catena della bicicletta, può produrre fino a cinque litri di acqua pura al minuto il che è sufficiente, secondo la ditta che l’ha brevettato, per ricavare con dieci giorni di lavoro una quantità di liquido sufficiente e dissetare 1.500 persone.

La pompa è in grado di attingere acqua fino a cinque metri di profondità. “Se puoi pedalare fino a un fiume, uno stagno o a una pozza – spiega il presidente della società Yuichi Katsuura – tutto quello di cui hai bisogno è la forza delle gambe per produrre dell’acqua da bere”.

Cycloclean è stata lanciata alcuni anni orsono su piccola scala in Giappone; dato anche il costo non irrisorio – 550.000 yen (4.800 euro) – finora ne sono stati venduti soltanto duecento esemplari, per lo più a enti locali giapponesi, ma le recenti emergenze umanitarie in paesi come la Cambogia, le Filippine e il Bangladesh, stanno spingendo la Nippon Basic ad ampliare la produzione.

Il Bangladesh è uno dei mercati più promettenti, tanto che l’azienda ha deciso di produrre in loco, in partnership con un costruttore di biciclette locale, in modo da ridurre il più possibile i costi e di conseguenza il prezzo. “La partnership dovrebbe entrare a regime per la fine di aprile – racconta Katsuura – e puntiamo a una produzione iniziale di cento-duecento unità all’anno”.

Oltre che fornire acqua potabile, la Cycloclean secondo gli inventori, potrebbe rappresentare in futuro una preziosa fonte alternativa di reddito per la popolazione del Bangladesh, man mano che l’economia del Paese andrà irrobustendosi e il lavoro delle migliaia di persone che trainano i risciò sarà sempre meno richiesto.

Tuttavia questo sarebbe soltanto un effetto secondario per un paese in cui le frequenti inondazioni e l’opera delle maree infieriscono impietosamente, rendendo difficile trovare acqua dolce nelle regioni costiere, e dove le falde acquifere sono spesso contaminate dall’arsenico contenuto nel sottosuolo. Qui la disponibilità di acqua potabile rappresenta davvero un’emergenza, e anche una singola bicicletta decontaminante potrebbe fare la differenza fra la vita e la morte per avvelenamento. 
Federico Guerrini
                                  
 


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