Autore Topic: I Balcani, polveriera d’Europa: alla sbarra il macellaio di Srebrenica  (Letto 400 volte)

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I Balcani, polveriera d’Europa: alla sbarra il macellaio di Srebrenica
Ratko Mladic affronta undici capi di imputazione

di Rodolfo Fellini
(r.fellini@rai.it)



Inizia domani presso il Tribunale penale internazionale dell’Aia il processo a Ratko Mladic, l’ex capo militare dei serbo-bosniaci, accusato tra l’altro di due genocidi, quattro crimini di guerra e cinque crimini contro l’umanità per fatti risalenti alla guerra di Bosnia (1992-1995). La prima udienza è stata confermata per domani, dopo che il giudice ha respinto la richiesta di rinvio di sei mesi, avanzata dai legali per poter esaminare accuratamente alcuni documenti utili a predisporre la linea difensiva. Si è trattato della seconda mossa dilatoria compiuta dai legali di Mladic in meno di una settimana: venerdì scorso, avevano chiesto la ricusazione del presidente della Corte, il giudice Alphons Orie, sostenendone la parzialità poiché, in altri processi, ha già condannato alcuni collaboratori del loro assistito. Anche questa istanza è stata respinta. Lo stesso Mladic, oggi 70enne, ha peraltro lasciato intendere che le sue precarie condizioni di salute potrebbero impedirgli di arrivare in fondo al processo, come accadde all’ex presidente jugoslavo, Slobodan Milosevic, morto tra un’udienza e l’altra. Una perizia medica ha però stabilito che Mladic è perfettamente in grado di sostenere il processo.

L’inguaribile ferita di Srebrenica
Il processo arriva a un anno esatto dall’arresto di Mladic, il superlatitante la cui mancata cattura ed estradizione al Tribunale dell’Onu ha tenuto per 16 anni in bilico la procedura di adesione della Serbia all’Unione europea. Esso si svolge in parallelo con quello a carico di Radovan Karadzic, l’ex leader politico dei serbo-bosniaci, arrestato nel 2008, e si avvarrà di testimonianze e deposizioni utilizzate nei processi contro tre ex ufficiali serbo-bosniaci, subalterni di Mladic e già condannati dallo stesso Tpi. Karadzic e Mladic sono noti come il boia e il macellaio di Srebrenica, la città tra i monti della Bosnia che l’Onu aveva isolato a tutela della minoranza musulmana, dove si svolse la più grave strage avvenuta in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale. Il massacro fu compiuto nel luglio 1995, pochi mesi prima della fine della guerra di Bosnia, dai soldati e i paramilitari della Republika Srpska, una delle tre entità etniche che compongono la Bosnia-Erzegovina, ai danni di 8.372 croato-musulmani. Al momento dell’ingresso delle truppe serbo-bosniache nella città Mladic, sostengono numerosi testimoni, garantì ai civili per la loro incolumità. Ma quasi tutti i maschi di età compresa tra i 14 e i 65 anni vennero giustiziati e i resti gettati in fosse comuni. Le donne, costrette alla fuga, furono in molti casi vittime di stupri. Le salme fin qui identificate sono 6.144, ma secondo numerose fonti, le vittime complessive sarebbero ben oltre diecimila.

Connivenze difficili da provare
Oltre alle accuse per il massacro di Srebrenica, su Mladic grava anche quella di aver ordinato l’assedio di Sarajevo, durato 19 mesi. Il processo all’ex comandante serbo-bosniaco, che rischia l’ergastolo, è stato diviso in vari segmenti. Il primo valuterà i crimini di guerra nella loro globalità; il secondo, la campagna di terrore avviata nel 1992 per cacciare croati e musulmani dalle zone a maggioranza serba della Republika Srpska; il terzo si occuperà dai bombardamenti e dell’opera dei cecchini durante l’assedio di Sarajevo, causa di oltre 11mila morti, e l’ultimo del massacro di Srebrenica. La Corte aspira anche a fare luce sulle possibili connivenze tra le autorità che all’epoca governavano la Serbia e le politiche di pulizie etnica attuate durante la guerra civile bosniaca. Su questo capitolo, i giudici dovranno tenere conto del precedente del 2007, quando una sentenza della Corte internazionale di Giustizia ha stabilito che quello di Srebrenica fu un vero e proprio genocidio, compiuto da singole persone, ma ha ritenuto che al governo di Belgrado non si possano imputare responsabilità sull’accaduto.

Fonte TelevideoRAI

L'intellettuale è uno che non capisce niente, però con grande autorità e competenza. (Leo Longanesi)
 


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