Cassazione civile , sez. III, sentenza 02.03.2011 n° 5086Una quindicenne si tuffava in piscina ma, a causa dell’acqua troppo bassa (novanta centimetri), riportava gravissime lesioni.
Non vi era, in effetti, alcun cartello segnaletico relativo all’altezza dell’acqua ed al divieto di tuffarsi.
Tali segnalazioni, tuttavia, non erano obbligatorie; inoltre la ragazza, esperta nuotatrice che ordinariamente frequentava la piscina, dove non erano state riscontrate anomalie su colorazione e trasparenza dell’acqua e all’interno della quale aveva peraltro giocato nello stesso giorno con la sorella, si era tuffata a capofitto.
L’iter processuale
L’adolescente conveniva così in giudizio la Società che gestiva la piscina chiedendo il risarcimento dei danni subiti a norma dell’art. 2050 c.c. e, in subordine, dell’art. 2043 c.c..