Autore Topic: limite massimo occupazionale analizzato dai Consulenti del Lavoro [Lavoro]  (Letto 905 volte)

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Offline ninfea

Il limite massimo occupazionale analizzato dai Consulenti del Lavoro

 

Il D.L. n. 76/2013, convertito con modificazioni in Legge n.99/2013, ha previsto, all’art. 1, una specifica agevolazione per l’inserimento di soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni che ricadano in una delle due seguenti casistiche: siano privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi; siano privi di un diploma di scuola media superiore o professionale. Nell’eventualità in cui sussistano sia i presupposti di applicazione dell’incentivo previsto dall’art. 1 D.L. n. 76/2013 sia i presupposti di applicazione di incentivi previsti da altre disposizioni sotto forma di riduzione contributiva in senso stretto (come le riduzioni ex art. 25, co. 9, L. n. 223/1991), l’incentivo previsto dal Pacchetto Lavoro è applicabile mensilmente in misura non superiore alla contribuzione agevolata dovuta dal datore per il medesimo dipendente.
Il testo normativo parla chiaramente di un incentivo alle assunzioni, commisurato alla retribuzione dovuta al lavoratore e di importo massimo pari a € 650,00: tale incentivo può essere assimilato ad un contributo erogato per l’occupazione stabile di lavoratori ricadenti in una determinata fascia di età e di situazione personale. L’INPS, nell’impartire le istruzioni operative (Circolare n. 131/2013), prevede però altri paletti. L’interpretazione proposta intravede una natura di agevolazione contributiva, prevedendo, quindi, che la stessa non possa essere applicata in misura superiore alla contribuzione  dovuta dal datore di lavoro per il lavoratore. Tale potere – spiega la Circolare della Fondazione Consulenti del Lavoro – esula da quanto nelle possibilità dell’Istituto, il quale “dovrebbe solamente fornire le istruzioni procedurali per dare attuazione a quanto previsto normativamente”.
La Fondazione Studi evidenza come l’incentivo da ultimo previsto per i giovani possa essere ben assimilabile al contributo previsto dalla Legge n. 223/91 per i lavoratori in mobilità. Ed è ormai assodato come lo stesso Istituto non si sia mai mosso nella direzione di limitare tale contributo alla sola quota di contribuzione ancora dovuta dal datore di lavoro, pari al 10%.
Quanto operato dall’INPS “appare sicuramente un’interpretazione forzata”: in base all'art. 12 delle preleggi, infatti, “nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”.
Un’interpretazione di tale portata avrebbe trovato il proprio fondamento su una differente stesura normativa basata, ad esempio, sull’applicazione fino a concorrenza dei contributi dovuti. La stesura effettiva, invece, porta ad avere, a latere della contribuzione dovuta per il lavoratore – sia questa ordinaria che agevolata – un incentivo che si muoverà su binari autonomi. La contribuzione dovuta dall’azienda, stante la ratio sottesa, non potrà mai essere negativa, anche a seguito del riconoscimento di un’agevolazione, la stessa potrà, al massimo, portare ad azzerare la contribuzione. L’incentivo in analisi appare invece  “una riduzione dell’onere economico-patrimoniale” in senso più ampio, non contingentata all’onere contributivo maturato mensilmente in capo al datore di lavoro.


Fonte: http://fiscopiu.it/news


« Ultima modifica: Gennaio 09, 2014, 22:49:22 pm da ninfea »
                                  
 


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