Autore Topic: “Questo matrimonio non s’aveva da fare” [Cittadino e Istituzioni]  (Letto 609 volte)

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Offline ninfea


“Questo matrimonio non s’aveva da fare”, ma fino alla dichiarazione di nullità, Renzo continua a pagare l’assegno a Lucia

Tra il giudizio relativo alla delibazione della sentenza ecclesiastica, che aveva dichiarato la nullità del matrimonio concordatario tra le parti, e quello riguardante la separazione personale tra i coniugi (relativo agli effetti civili), non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità. Il secondo procedimento non deve, quindi, essere necessariamente sospeso, a causa della pendenza del primo ed in attesa di una sua definizione, poiché si tratta di processi autonomi, aventi finalità e presupposti diversi. Lo stabilisce la Cassazione nella sentenza 6754/14.


Il caso

La Corte d’appello di Roma confermava la sentenza, con cui veniva pronunciata la separazione personale di due coniugi e veniva determinato l’assegno dovuto dal marito. I giudici di merito rigettavano la richiesta dell’uomo di sospendere il processo, in attesa della delibazione della sentenza ecclesiastica, che aveva dichiarato la nullità del matrimonio concordatario tra le parti, affermando che non sussistesse tra le cause un rapporto di pregiudizialità , atteso che il matrimonio, ancorché impugnato, continuava a produrre i suoi effetti, in pendenza del giudizio di nullità. Il marito ricorreva in Cassazione, contestando alla Corte d’appello, dinnanzi a cui pendeva, oltre al giudizio d’appello, anche quello di delibazione della sentenza ecclesiastica, di aver erroneamente rigettato la richiesta di sospensione del primo giudizio. Infatti, la sospensione, da una parte, non avrebbe comunque sospeso le obbligazioni economiche derivanti dalla sentenza di separazione e, dall’altra, avrebbe evitato una contraddizione tra la sentenza delibativa di nullità, cui conseguiva l’ablazione di ogni obbligazione economica, e quella impugnata, pubblicata successivamente, che aveva confermato l’assegno di mantenimento. Per questo motivo, contestava, con altro motivo di ricorso, la stessa contraddizione creatasi. Secondo la Cassazione, i giudici di merito avrebbero applicato correttamente il principio, secondo cui tra il giudizio relativo alla nullità del matrimonio (riguardante la nullità della relativa trascrizione) e quello riguardante la separazione personale tra i coniugi (relativo agli effetti civili), non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità. Il secondo procedimento non deve, quindi, essere necessariamente sospeso, a causa della pendenza del primo ed in attesa di una sua definizione, poiché si tratta di procedimenti autonomi, aventi finalità e presupposti diversi. Rimangono ancora coniugi. Di conseguenza, i coniugi, anche in pendenza del giudizio di nullità, continuano ad essere trattati come tali dalla legge ed il matrimonio, anche se impugnato, continua a produrre i suoi effetti. Questo principio spiega i suoi effetti fino al passaggio in giudicato della sentenza di delibazione. Solo in quel momento, la declaratoria di nullità acquista efficacia nell’ordinamento nazionale e vengono meno gli obblighi economici a carico dei coniugi, in virtù di un matrimonio che, nel frattempo, continua a produrre i suoi effetti. Perciò, la pendenza del giudizio di delibazione non è relativo ad una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa, e, prima del passaggio in giudicato della sentenza di delibazione della sentenza ecclesiastica, che ha dichiarato la nullità del matrimonio, non ci sono possibilità di contraddizione tra le due sentenze. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.


Fonte: www.dirittoegiustizia.it
                                  
 


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