Autore Topic: Lavoro: 'in Italia flessibilità anomala e dannosa’  (Letto 345 volte)

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Offline ambarambacicicoco

Lavoro: 'in Italia flessibilità anomala e dannosa’
« il: Marzo 09, 2012, 14:02:14 pm »
Lavoro: 'in Italia flessibilità anomala e dannosa’
A colloquio con l’economista del Lavoro, Gianprimo Cella

di Francesco Chyurlia



“Lavorare di più, in più e più a lungo”. E’ il governatore della Banca d’Italia a lanciare questa suggestione che dovrebbe favorire la crescita e la competitività nel nostro Paese. Ma è poi così certo che, contraddicendo l’antico slogan “lavorare meno, lavorare tutti”, si può riattivare il circolo virtuoso dello sviluppo?
“Ognuno in Italia si sente libero di dire quello che pensa, anche se questo non è del tutto corretto – sostiene a Televideo Gianprimo Cella, decano di sociologia economica all’Universita degli studi di Milano- Gli orari di lavoro in Italia sono un po’ più alti della media europea, l’età pensionabile è stata innalzata, in un momento nel quale aumenta la richiesta della cassa integrazione e c’è una forte disoccupazione giovanile, mi sembra un po’ forte questa affermazione di Bankitalia”.

Eppure le frasi di Visco non sembravano una boutade
“Queste proposte sono un po’ controcorrente e si proiettano in un futuro che non so quando potrebbe realizzarsi. Io non ho ancora sentito nessuno che dicesse che l’età pensionabile dovrebbe essere più flessibile, magari con forme di orario ridotto. Che si debba lavorare in più è un fatto auspicabile, ma che si debba lavorare di più, mi sembra una cosa non fondata alla quale reagisco un po’ stupito”.

Ma cosa porterebbe un simile assunto?
“Avrebbe sicuramente un effetto positivo sulla produttività, ma a quali costi? L’era del “lavorare meno, lavorare tutti”, fa parte di un’idea del passato, una parentesi più o meno felice che si è chiusa, anche se più di un economista la sta rivalutando”.

Allora qual è il difetto del sistema Italia?
“Forse c’è una scarsa diffusione del part-time. Questa è una caratteristica negativa del nostro sistema che va a danneggiare soprattutto l’occupazione femminile”.

Al di là della flessibilità in entrata di cui si è abusato negli ultimi anni al punto da trasformarla in precarietà, e della richiesta pressante di Confindustria di flessibilità in uscita, che si tradurrebbe in libertà di licenziare, quali altre idee possono essere introdotte nel mercato del lavoro?
“Una ricetta valida è che la flessibilità per essere utile e foriera di sviluppo e di produttività, sia una flessibilità razionale e protetta. Se deve, invece, essere solo un modo per incrementare i lavori atipici e non standard, mi sembra una strada del tutto sbagliata. C’è stata una fase da non demonizzare, che parte dal pacchetto Treu del ’97, ma che ha avuto esiti successivi molto negativi, con un aumento sconsiderato di contratti atipici e di forme anomale che in altri Paesi europei non esistono”.

Dietro forme di contratti autonomi, si nasconde spesso un lavoro dipendente mal pagato e senza regole…
“Si nasconde una dipendenza di fatto, anomala e dannosa. Si è aperta ora un’altra fase in cui non deve essere rigettata la flessibilità ma che deve trovare nuove forme di garanzia e tutele per i lavoratori. E poi, non va dimenticato che va rilanciata la produttività, che deve viaggiare insieme alla flessibilità. Altrimenti la flessibilità è solo un modo per precarizzare il lavoro e pagarlo meno”.

Fonte TelevideoRAI
« Ultima modifica: Marzo 09, 2012, 14:05:41 pm da ambarambacicicoco »

L'intellettuale è uno che non capisce niente, però con grande autorità e competenza. (Leo Longanesi)
 


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