Banda larga sempre più diffusa e importante per l’economia. Ma l’Italia arranca
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ninfea:
Banda larga sempre più diffusa e importante per l’economia.
Ma l’Italia arranca
Federico Guerrini
Crescono importanza e diffusione della banda larga mobile in tutto il mondo. Secondo un recente rapporto Ericsson, gli abbonamenti wireless sono ormai 2,4 miliardi in tutto il mondo, con una crescita del 35% rispetto all’anno scorso. A fare da traino è soprattutto la Cina, con 12 milioni di nuove sottoscrizioni e una penetrazione del 90%, ma si registrano aumenti consistenti anche in Russia, Indonesia e India.
Di conseguenza, cresce anche il traffico dati, alimentato dalla sempre maggiore capillarità di tablet e smartphone: la società svedese prevede che il numero di quest’ultimi supererà, entro il 2016, quello dei “basic phones”, i vecchi apparecchi che servivano solo per telefonare. In questo campo, quello dell’accesso in mobilità, l’Italia non sfigura: stando a un altro rapporto, il Digital Scoreboard diffuso a giugno dalla Commissione Europea, il tasso di sottoscrizioni nel nostro paese si collocherebbe attorno al 66%, quattro punti in più rispetto alla media europea.
Dove le cose vanno assai meno bene però, è a livello di prestazioni: se si guarda alle connessioni Lte, quelle più veloci, il tasso di penetrazione scende al 39% e per quanto riguarda la velocità media generale, il BelPaese, secondo il sito specializzato Netindex.com, è quarantacinquesimo su 111 nazioni, con una media di 9,03 Megabite al secondo in download.
Il vero nodo da sciogliere, dove l’Italia arranca ormai da tempo, è quello del collegamento a banda larga fissa. Qui le prestazioni del nostro Paese sono di gran lunga inferiori a quelle del resto d’Europa e di scarso rilievo anche a livello globale. La velocità media di download casalingo – 8,51 Mb al secondo – secondo una classifica del sito specializzato Netindex.com, si colloca al novantottesimo posto al mondo.
Quella di upload al centocinquantasettesimo. Non a caso, all’interno del decreto Sblocca Italia, il governo ha deciso di inserire alcuni voci che mirano a favorire interventi per superare il gap in questo campo, come l’aumento del credito di imposta (che sale al 30%) per gli operatori intenzionati a portare la connessione veloce a Internet nelle zone cosiddette “a fallimento di mercato” e l’inserimento delle opere per la banda larga fra quelle a urbanizzazione primaria.
Provvedimenti senz’altro utili e importanti; un po’ poco però, forse, per aiutare il Paese a colmare un ritardo che si trascina ormai da tempo? Un ritardo peraltro, che ha forti e pesanti implicazioni in ambito economico: la connessione veloce a Internet è sempre più il volano dell’economia. In Irlanda, paese che fra i primi ha saputo cogliere le opportunità legate a Internet, un terzo ormai del fatturato delle imprese, deriva dal Web. Nel Regno Unito, e nella piccola Slovacchia, la percentuale è del 18%.
Al confronto, il misero 7% certificato da una ricerca di MM-One Group su dati Eurostat, dà tutta la misura di un Paese in crisi, incapace di guardare al futuro. Un Paese dove “digitale” per molti è ancora un brutta parola, e non saper navigare in Rete quasi motivo di vanto. E che mentre si perde in nostalgie di un grande avvenire ormai dietro le spalle, non si accorge che il mondo fuori intanto corre.
ambarambacicicoco:
però per i costi mica siamo agli ultimi posti ! :winner_
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