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Offline ambarambacicicoco

L'Italia scossa: sisma, l'Emilia è Africa
« il: Giugno 02, 2012, 18:48:09 pm »
L'Italia scossa: sisma, l'Emilia è Africa
La placca del 'Continente nero' grava sugli Appennini


di Emanuela Gialli
(e.gialli@rai.it)





La chiamano “costellazione”. E’ un insieme di quattro satelliti lanciati tra il 2007 e il 2010. Per osservare la Terra dallo Spazio. Due gli obiettivi: civili e militari. Le differenti finalità corrispondono a diverse attribuzioni di spese: per gli scopi civili si fa carico l’Agenzia Spaziale Italiana al 75%, per quelli militari il Ministero della Difesa al 25%. Tutto questo cosa ha a che vedere con il terremoto in Emilia-Romagna? Ci sono quattro satelliti, del progetto COSMO-SkyMed, ma sono solo alcuni dei tanti che orbitano intorno al pianeta Terra, che dall’alto, attraverso i radar, riescono ad osservare come sta cambiando l’assetto orografico della zona. E non solo, possono andare in profondità nell’area, per comprendere cosa stia realmente accadendo negli strati più viscerali della terra, intesa nel senso letterale del termine. Chi ha chiesto di andare a verificare tutto ciò? Il Dipartimento della Protezione civile, per emergenza nazionale. Ma interessato ovviamente era, ed è, anche l’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia. L’INGV. Dopo la prima scossa sismica, del 20 maggio, questi satelliti hanno registrato un “sovra-elevamento” di 15 centimetri, nell’area investita dal primo sisma, che ha avuto epicentro a Finale Emilia. In pratica, il terreno, da quelle parti, si è alzato di 15 centimetri. Troppi, pochi? Risponde Stefano Salvi dell’INGV.

Come avete interpretato questo primo dato di sollevamento dell’area di 15 cm?
Innanzitutto, abbiamo agito anche con il Cnr e abbiamo realizzato le mappe che evidenziano questa sovra-elevazione nella zona a sud di Bondeno. Probabilmente il sollevamento è molto maggiore nella zona più a ovest, oltre Finale Emilia, sostanzialmente. Abbiamo anche elaborato dei modelli matematici per spiegare questo sollevamento. E possiamo dire che è stato determinato dal movimento delle due “placche”, quella euro-asiatica e quella africana. Queste due placche si scontrano in quella zona. Ci sono piani di “faglia”, inclinati verso sud, dunque verso l’Appennino. Quando queste due faglie spingono, le faglie scattano e la parte di crosta che sta a sud, scivola su questo piano inclinato verso nord. Decine di milioni di anni fa il movimento tra le due placche era rettilineo. Il limite tra le due placche è fatto in maniera abbastanza strana. E’ una specie di curva molto stretta, che passa attraverso il margine nord dell’Africa, poi attraversa la Sicilia, passa in mezzo all’Appennino, lo segue tutto l’Appennino, poi, arrivato in Pianura Padana, continua e torna indietro, verso ovest e infine verso est. Tutta la parte dell’Adriatico viene infatti considerata Africa.

Ci sta dunque dicendo che la Pianura Padana è Africa?
Dal punto di vista geografico non è Africa. Ma per i geologi sì. L’Adriatico sotto, sia sotto il mare che nella pianura padana, è considerato Africa. Tutta la parte dell’Appennino peninsulare, di fatto, ruota verso nord, con il perno che sta nella Liguria. Questa spinta dell’Africa vera, diciamo, fa sì che spinga la nostra penisola verso nord e schiacci verso nord questo residuo di crosta africana incuneato sotto l’Adriatico, sostanzialmente.

Perché, nonostante questi movimenti, che credo si conoscessero prima della scossa del 20 maggio, non si è agito in tempo per evitare i danni da un potente sisma nella zona?
E’ tutto un po’ relativo. Per noi (INGV, ndr) ad elevato rischio sismico sono la Calabria e la Sicilia. Anche l’Abruzzo. Poi ci sono altre zone a rischio medio, come il resto dell’Italia. Per noi le ricerche devono continuare e non viene detta mai la parola fine alla scienza. Quello che sappiamo oggi non è detto che sia lo stesso tra 50 anni. In sostanza, le strutture che si sono mosse, una o due faglie, è ancora presto per dirlo, in questi in due terremoti erano conosciute. Noi abbiamo un catalogo delle faglie attive in Italia. Le faglie interessate dai sismi in Emilia-Romagna erano classificate nel data-base, tra l’altro accessibile a tutti. Non c’è, e non c’era , niente di segreto. L’unica cosa che ovviamente non si poteva dire è quando si sarebbero mosse.

Queste due faglie, dunque, continueranno a spingere?
Guardi, è da milioni di anni che continuano a spingere in quella evoluzione. Il paesaggio, in quella zona, è in evoluzione. Probabilmente, tra un milione di anni, la Pianura Padana sarà chiusa, cioè lo scontro farà sì che l’Appennino si avvicinerà alle Alpi, fino a toccarle. La crosta terrestre, d’altronde, si muove continuamente.

L’Italia praticamente sta diventando come un ventaglio di carta: si fanno le pieghe e poi si stringono. Tutta la catena appenninica viene spinta su dalla placca africana?
La catena appenninica ha già dato, nel senso che è stata soggetta a spinte e compressioni e adesso si sta adagiando. E’ utile al riguardo notare la differenza tra il terremoto dell’Aquila e questo in Emilia. In Abruzzo si è verificato un abbassamento del suolo di 25 cm, perché la zona dell’Abruzzo in questo momento non sale più, anzi scende, perché sta alle spalle della parte in compressione. Quindi, le montagne dell’Appennino tendono a estendersi, a scendere, verso il Tirreno. Questo significa che l’Appennino, che è stato costruito con lo stesso meccanismo che si registra in questi giorni nella Pianura Padana, reagisce con delle estensioni, anziché con delle compressioni.

Quindi lei non costruirebbe mai una casa lungo l’Appennino.
Questo è un altro discorso. In Giappone c’è stato un terremoto che è stato diecimila volte più forte di quello dell’Emilia, ma le case, gli edifici, anche grattacieli, non sono crollati. Dipende da come si costruisce.

Scusi, ma devo tornare all’inizio. Dopo questo sovra-elevamento di 15 centimetri, rilevato dai satelliti, era prevedibile in qualche modo che sarebbe succeso a breve qualcos’altro?
Ecco, questo è un’altra domanda che spesso viene fatta…

Ma gliela devo fare, perché chi ci legge se lo chiede.
La risposta è no, ovviamente. E le spiego anche perché. Faccio un’analogia che faccio sempre in questi casi e cioè con la medicina. Noi il corpo umano lo studiamo con tecniche molto simili a quelle con cui spieghiamo la crosta terrestre. Ad esempio, usiamo la tomografia assiale computerizzata (TAC) per l’uomo e per l’interno della Terra. Quindi sono metodologie molto simili. Ma nessuno, proseguendo con l’esempio, si sognerebbe di chiedere al proprio medico di prevedere quando avrà una certa malattia da lì a dieci anni, perché ci sono tante variabile, per cui nessuno di noi pensa che il proprio medico sappia che ci ammaleremo di tumore da lì a cinque anni, ma anche a sei mesi. Questo significa che noi stiamo studiando la Terra con mezzi molti limitati, perché l’osservazione non arriva oltre i 10 km di profondità, e quindi le variabili sono tante, alcun molto poco conosciute, ma la ricerca va avanti, naturalmente. Ma la comunità scientifica non crede che sia possibile, anche in futuro molto lontano, prevedere i terremoti. Perché ci sono troppe variabile, E perché si sta scoprendo che il processo dal quale inizia la frattura è causale. Vale a dire, non sembra legato a dati di natura deterministica. E’ come il lancio di una moneta.

Quando c’è la frattura però…
Per tornare al paragone medico, è come la frattura di un osso. A un certo punto si può spezzare. La faglia si può rompere perché un cristallo, a 10 km di profondità, si frattura e si propaga fino a diventare grande e continua per decine di km.

La faglia, per semplificare, è una crepa, dr. Salvi?
Noi la chiamiamo frattura. La faglia è una frattura molto netta.

Scusi, ma se una faglia si spezza, anche una casa costruita con criteri antisismici viene inghiottita. Non c’è dubbio. Nei grandi terremoti, la faglia è grande. In Giappone era lunga centinaia di km. Quella di Finale Emilia è lunga circa 25 km. Quella dell’Aquila altrettanti. In questi casi, la rottura è talmente grande che la faglia va in superficie, rompe cioè la superficie e si creano degli scalini, che possono essere un sollevamento di una parte rispetto all’altra. Tutte le case che sono sopra, che possono essere anche antisismiche, vengono lesionate o crollano del tutto. Questo però in Italia succede molto raramente. L’ultima volta è successo nel terremoto dell’Irpinia del 1980.

Secondo lei, ci sarà un esodo da queste zone a rischio o pensa che gli italiani siano un po’ più fatalisti? Ovviamente, non possiamo né dire di stare tranquilli, né di andare via. Naturalmente, però, la possibilità che, in Emilia, ci siano altre scosse è elevata, non c’è dubbio. Ma non possiamo dire quanto siano forti. Nè certo possiamo dire cosa succederà in futuro.

In pratica, l’Italia è attraversata da crepe, a seguito del movimento della placca africana?
Beh, il margine dell’incontro tra la placca africana e quella euroasiatica è idealizzato: immagini una fascia, con tutte le faglie o fratture, come dicevamo.

A che altezza si verifica l’incontro, in Italia, tra la placca africana e quella euro-asiatica?
Noi non lo vediamo, perché sta sotto la crosta terrestre. Tra l’altro, è un piano inclinato, che scende verso il Tirreno. La placca africana, praticamente, si infila sotto l’Appennino. Il margine è idealizzato, ripeto, non c’è un limite netto.


Fonte TelevideoRAI

L'intellettuale è uno che non capisce niente, però con grande autorità e competenza. (Leo Longanesi)
 


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