Autore Topic: Ippoterapia per i pazienti psichiatrici. Il convegno, e come funziona  (Letto 1130 volte)

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Presso il Centro Internazionale del Cavallo, a La Venaria Reale, si aprono oggi i lavori del convegno “Cavalieri di confine oggi: analisi di retrospettive” in materia di riabilitazione equestre in psichiatria

Si chiama “ippoterapia”, ed è un tipo di terapia che prevede l’interazione uomo/cavallo a scopo terapeutico. Questo il tema del convegno che apre i lavori oggi, 2 dicembre, presso il Centro Internazionale del Cavallo – La Venaria Reale (TO).
Il convegno in materia di riabilitazione equestre in psichiatria ha per titolo “Cavalieri di confine oggi: analisi di retrospettive”.

L’appuntamento è il naturale seguito del progetto di ricerca “Efficacia dell’approccio integrato all’ippoterapia con pazienti psichiatrici”, di cui saranno discussi i risultati durante la sessione. Il progetto è stato realizzato con il contributo dell’Associazione Il Bandolo ONLUS, della Fondazione CRT, della Banca del Piemonte e della Regione Piemonte.
Condotto da un’équipe multidisciplinare presso le strutture del Centro del Cavallo, il progetto pilota è stato avviato con la volontà di considerare l’efficacia dell’ippoterapia nei casi di psicosi cronica o di disturbi di personalità
Vi hanno partecipato 24 pazienti – 6 per ogni seduta – ed è durato 16 mesi. Durante il periodo di valutazione sono stati svolti incontri a terra e a cavallo, sempre con il supporto di operatori specializzati.
I lavori prenderanno il via alle ore: 10.00. Per maggiori informazioni: www.centrodelcavallo.it

Ma cos è l’ippoterapia? E a cosa e chi può servire?
Ecco quanto riporta il Ministero della Salute a tale proposito.
“L'ippoterapia, o equitazione a scopo terapeutico, ha origine empiriche antiche perché il cavallo, con le sue straordinarie doti di sensibilità, di adattamento, di intelligenza è ritenuto, da sempre, e non a torto, ‘straordinaria medicina’.
L’uso dell’equitazione a scopo terapeutico ha avuto inizio già nell’opera di Ippocrate di Coo (460-370 a.C.), che consigliava lunghe cavalcate per combattere l'ansia e l'insonnia. Una prima documentazione scientifica sull'argomento la dobbiamo al medico Giuseppe Benvenuti (1759).
Alla fine della prima guerra mondiale il cavallo è entrato nei programmi di riabilitazione, inizialmente in Scandinavia e in Inghilterra, poi in numerosi altri paesi.

L'ippoterapia, detta Terapia con il Mezzo del Cavallo (TMC), è stata introdotta in Italia nel 1975 dalla dottoressa belga Danièle Nicolas Citterio che ha contribuito all’uso terapeutico del cavallo attraverso anche l’opera dell’Associazione Nazionale Italiana per la Riabilitazione Equestre (ANIRE).
L’ippoterapia agisce grazie all’interazione uomo-cavallo a livello neuro-motorio e a livello neuro-psicologico.
L’International Therapeutic Riding Congress di Amburgo del 1982 ha definito tre diverse fasi o metodologie d’intervento terapeutico all’interno della riabilitazione equestre:
Ippoterapia propriamente detta
costituisce l’approccio iniziale al cavallo e al suo ambiente, si svolge quindi prima a terra e successivamente sull’animale accompagnato da un istruttore. E' riservata dunque a disabili incapaci di mantenere la posizione in sella e di condurre il cavallo in modo autonomo.

Rieducazione equestre
vede il cavaliere impegnato nella conduzione attiva del cavallo, sotto il controllo del terapista, e mira a raggiungere quegli obiettivi tecnico-riabilitativi specifici secondo il programma terapeutico prestabilito per quel paziente.

Equitazione sportiva per disabili
rappresenta il raggiungimento di una notevole autonomia del soggetto, con possibilità di svolgere normale attività di scuderia e di equitazione, a volte agonistica.

Perché la terapia a cavallo funziona così bene?
- perché il cavallo si muove alle varie andature con movimenti ritmici e per questo prevedibili, ai quali perciò è più facile adattarsi con i movimenti del corpo

- perché il cavallo è estremamente sensibile al linguaggio del corpo inteso come gestualità e, essendo un animale altamente sociale, è comunque molto recettivo verso tutti i tipi di comunicazione

- perché per andare a cavallo, alle varie andature, si impegnano numerosi gruppi muscolari e si coinvolgono vari campi della psicofisiologia e della psicomotricità

- perché in grado di generare sentimenti ed emozioni intense; è ormai riconosciuto il valore del coinvolgimento emotivo nel processo di apprendimento

- perché le stimolazioni visuo-spaziali fornite dal particolare ambiente del maneggio con variazioni cromatiche e di luminosità in relazione anche con il movimento del cavallo sollecitano un’attenzione visiva finalizzata, facilitando così l’acquisizione della dimensione dello spazio

- perché gli ambienti dove vivono i cavalli hanno rumori e odori caratteristici e per questo molto evocativi

- perché si ottiene una stimolazione tattile intensa tramite il contatto con un animale di grandi dimensioni, che aiuta la presa di coscienza e la conoscenza di sé e del proprio corpo

- perché il cavallo è un essere che esprime emozioni proprie come la paura in cui ci si può riconoscere e dove si può assumere un ruolo rassicurante; allo stesso tempo, montare a cavallo, cioè su un animale grande e potente, offre sensazioni di protezione, di autostima e fiducia in se stessi

- perché possiede tutte le qualità - calore, morbidezza, odore, movimenti regolari, grandi occhi con sguardo intenso - necessarie a stimolare il processo di attaccamento fondamentale per lo sviluppo dell’essere umano

- perché andare a cavallo permette di stabilire contatti fisici e permette anche di essere gratificati, sia dall’offrire cure, carezze e massaggi, sia dal ricevere come risposta ai nostri comportamenti manifestazioni di gratificazione da parte dell’animale”.

Ecco dunque come un animale affascinante come il cavallo possa essere un amico dell’uomo non solo per il suo divertimento, ma anche per aiutarlo nel difficile cammino della guarigione.

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Source: Ministero della Salute
                                  
 


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