Autore Topic: “Vendo un rene al miglior offerente”  (Letto 668 volte)

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Offline ninfea

“Vendo un rene al miglior offerente”
« il: Settembre 03, 2013, 06:17:16 am »

Pordenone, esodato con tre figli lancia un appello disperato sul blog


Anna Martellato


«Vendo un rene al miglior offerente». Un appello choc, una provocazione disperata. In cui il sensazionalismo c’entra poco, mentre c’è solo la certezza che con un rene si può vivere; senza cibo, no. 

Cinque bocche da sfamare, marito, moglie e i loro tre figli di 24, 20 e 12 anni. I 400 euro mensili guadagnati da lei, che lavora per un’impresa di pulizia (e a cui hanno tagliato le ore dal contratto) non bastano. Il lavoro stagionale dei più grandi (che hanno passato l’estate a lavorare tra i vigneti), nemmeno.

È questa la situazione-limite in cui si trova un famiglia di Pordenone, giunta in Friuli da un’altra regione 15 anni fa per lavoro. 

Una famiglia poco tempo fa normale. Fino al capitolo “esodati”. Già, perché il padre di famiglia, un uomo di 54 anni, fino a due anni fa era un metalmeccanico manutentore di quinto livello per un’azienda con sede a Bergamo. Una paga dignitosa, i figli a scuola, lavorare significava - come lo è per tutti -, costruire un futuro anche per loro.

Ma a un certo punto l’azienda chiude e l’uomo, di cui conosciamo solo il nome di battesimo, Alessandro, viene licenziato.L’assegno di mobilità li ha aiutati all’inizio, ma Alessandro deve lavorare fino ai 58 anni per avere la pensione. Una storia che suona familiare a molti, in questi ultimi tempi. Ma c’è chi sta meglio, e chi peggio.

E così ritirano i figli dalla scuola, tranne il più piccolo. Vendono gli ori di famiglia, intanto arrivano i 318 euro mensili da parte dei servizi sociali del Comune “ma sono tante le famiglie in sofferenza economica e anche i Comuni sono in difficoltà”. La loro “dieta” forzata prevede ultimamente bietole e uova, regalate da un vicino generoso.

E così l’annuncio choc, pubblicato su un blog che si occupa di problemi sociali (dal computer di un amico) dopo una lunga riflessione in famiglia su cosa fare per tirare avanti. Marito e moglie hanno parlato a lungo per trovare una situazione, raccogliendo tutto il coraggio che avevano e pubblicandolo in quelle parole.

Se i figli più grandi affrontano il dramma della loro, di generazione, ossia il precariato, il più piccolo quest’anno dovrà andare a scuola a piedi: “dal Comune ci è arrivata la lettera che non poteva più usufruire dello scuolabus, dato che la retta di 52 euro dell’anno scorso non è stata pagata”. 

“Siamo spinti dalla disperazione. O paghiamo le bollette o mangiamo. Quindi non mi resta che vendere un rene o farla finita”, conclude l’uomo amaro. “Mio marito gira tutto il giorno per cercare un lavoro, ma qui non c’è più nulla”, aggiunge la donna.

A raccogliere la loro testimonianza il Gazzettino Nordest, nella sua edizione di Pordenone. Che non si limita a pubblicarla: sull’edizione web del quotidiano locale era possibile contattare, sempre attraverso il giornale, la famiglia in difficoltà. Dopo l’arrivo di duecento telefonate qualcosa si sta muovendo. Il Comune, che non era stato contattato prima dalla famiglia e che solo ora è venuto a conoscenza di quanto disperata fosse la loro condizione, si organizzerà per il da farsi, secondo le disposizioni vigenti.


                                  
 


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