Autore Topic: L’Europa riparte dal salario minimo  (Letto 590 volte)

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Offline ninfea

L’Europa riparte dal salario minimo
« il: Aprile 09, 2012, 08:08:20 am »

Ecco il documento della Commissione per combattere la disoccupazione che verrà discusso il 18 aprile
L’obiettivo è dare un impiego a 17 milioni di cittadini nei prossimi 8 anni. Ma bisogna aprire il settore pubblico

Un’idea chiave è introdurre un «appropriato» salario minimo: «previene il diffondersi della povertà fra gli occupati». Un’altra: incentivare la libera circolazione dei lavoratori sul mercato unico europeo, sanando la piaga del riconoscimento dei diplomi e delle qualifiche, e garantendo accesso a tutti i candidati comunitari ai concorsi pubblici. Terzo: concentrare gli sforzi sui settori dove germogliano più i posti la green economy, i servizi sociali, le comunicazioni. Senza perdere tempo. Tutto per combattere la crisi e andare oltre l’austerità con cure coordinate. In febbraio la disoccupazione nell’Eurozona è arrivata al 10,8%, 24,5 milioni di persone. E’ il dato peggiore del secolo, il più alto da metà anni Novanta. Stima la Commissione Ue che fra le promesse del Piano per il 2020 e la realtà recessiva c’è un buco da 17,6 milioni di teste: i posti che l’Unione deve creare di qui in otto anni. Obiettivo per il quale è pronto un pacco di ricette.
Le contiene la «Comunicazione per la ripresa del lavoro» attesa sul tavolo dell’esecutivo Ue il 18 aprile. Una montagna di carta, almeno stando alle bozze viste da La Stampa. L’ispirano la flessibilità di ingresso e uscita, con un buon livello di protezione. Niente miracoli, peraltro quelle sul lavoro sono politiche nazionali. La Commissione vuole coordinare, con più e migliori fondi per i giovani. Spinge perché si liberino risorse «riducendo il cuneo fiscale, con riguardo ai più svantaggiati». Meno tasse per chi assume ragazzi, insomma.

Per Bruxelles servono regole meno rigide e una sfida alla concorrenza selvaggia al ribasso. «Bisogna evitare la trappola del basso salario»: l’8% dei lavoratori è sotto la soglia di povertà. «Il salario minimo aiuta a prevenire la discesa distruttiva nel costo del lavoro e assicura una decente qualità degli impieghi». E’ un sprone per l’Italia. In dicembre, a Bruxelles, il ministro del Welfare Fornero s’è detta favorevole al salario minimo - da noi non c’è - anche se la questione non è nel programma di governo. Al centro di tutto il grande mercato unico, che funziona solo in parte. «La carenza di riconoscimento delle qualifiche è il vero ostacolo», dice la Commissione. La proposta è che «dal 2013 almeno un quarto delle qualifiche abbia la patente europea». Oggi le restrizioni limitano l’accesso degli stranieri alla pubblica amministrazione, e la Corte di Giustizia le considera «eccezionali». Se circolano, i lavoratori trovano posto, assicura la Commissione. Idee stimolanti e controverse. Dal 18 saranno sul tavolo dei governi Ue che le devono trasformare in azione. In fretta, se riescono. Ogni giorno di ritardo vale migliaia di posti.

La green economy può creare 5 milioni di posti

La Green Economia da sola «può sfornare 5 milioni di posti da qui al 2020», assicura la Commissione, che allega alla sua Comunicazione un ventaglio di «azioni chiave» per sfruttare il business in espansione dell’efficienza energetica e delle rinnovabili. «Inizialmente ne beneficerà il personale più qualificato - rileva Bruxelles -, ma presto si rivolgerà anche a professionalità di medio livello». Bisogna sostenere la transizione e «mettere gli sforzi insieme», sotto il profilo dell’innovazione. Vale anche per i comparto Ict, le tecnologie della comunicazione e dell’informazione. Qui la domanda di professionalità cresce del 3% l’anno. «Sono necessari sforzi per rendere i lavoratori e le imprese aggiornate e competenti». Anche qui la Commissione calerà il suo set di «azioni chiave». Mentre un piano complessivo sarà sul lavoro nei servizi sociali e nella sanità, resi centrali dall’aumento dall’allungamento della vita media. Qui la domanda di impiego cresce a ritmo doppio rispetto alla media. Un’altra occasione da non perdere. Per chi riceve e chi da.

Eures mette online più di 1,3 milioni di offerte

Con appena 26 mila datori registrati e circa 150 mila opportunità in offerta ogni anno, Eures non è ancora riuscito a sviluppare l’intero suo potenziale», ammette la Commissione. Il portale di servizio all’occupazione europea dal 1993 fornisce gratis assistenza, informazione e consulenza a chi cerca o propone lavoro in Europa, nonché «a tutti coloro che vogliono avvalersi del principio della libera circolazione nel mercato unico». Ieri sera sul sito c’erano 1.322.127 posizioni vacanti disponibili in giro per il continente, ma Bruxelles pensa si debba fare meglio. Nella comunicazione attesa il 18 aprile, l’esecutivo proporrà di trasformare Eures in uno «strumento onnicomprensivo», chiedendo agli Stati di mettere online tutti gli impieghi rilevanti nazionali in modo da renderli accessibili a livello europeo. «Serve un’interoperabilità europea dell’offerta di incarichi e curricula», si sottolinea. Dal 2013 partirà l’iniziativa «Match and Map» per diffondere in tempo reale le disponibilità di lavoro in chiave territoriale. E per far sapere dove si possono fare corsi per migliorare le qualifiche personali.

Il fondo sociale europeo avrà una dote di 84 miliardi

I soldi ci sono, da sempre. Il problema è come si li utilizzano, è la loro capacità di arrivare a destinazione e fare la differenza. La Commissione (nella foto la sede di palazzo Berlaymont) ne vorrebbe di più, i tempi lo richiedono. Propone che il suo fondo sociale europeo (Efs), possa avere 84 miliardi per il 2014-2020, in aumento rispetto ai 75 miliardi del 2007-2013. Bruxelles è impegnata in una serie di collegamenti con le capitali per spendere tutto meglio. Invoca coordinamento, «i fondi vanno militati». Lo stesso intende fare per i fondi regionali: il vertice di fine gennaio ha deciso di riorientare una parte dei non spesi verso imprese e progetti per il lavoro. Si attendono notizie a giugno. L’Italia ha chiesto alla Commissione di non dare dettagli su quanto avviene da noi, tiene alla leadership interna. Se non bastasse, c’è il meccanismo per la microfinanza che punta agli imprenditori di sé stessi e alle microsocietà. Fra il 2007 e il 2013 ha fatto da leva finanziaria per 500 milioni. L’idea è di allungarlo al 2020.
                                  
 


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