Autore Topic: Riabilitazione ambientale: via il Club Med, torna la natura  (Letto 373 volte)

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Riabilitazione ambientale: via il Club Med, torna la natura
Un’esperienza pilota insegna

di Laura Mandolesi Ferrini


Immaginiamo un albergo su una qualsiasi costa italiana. Anzi, immaginiamo un importante impianto turistico costruito su uno dei tratti di costa più meravigliosi. Fin qui non è difficile: impossibile non visualizzare all’istante chilometri di litorali o faraglioni smembrati dalla speculazione edilizia. Poi però cerchiamo di immaginare qualcosa di più arduo: che qualche amministrazione illuminata applichi una legge di salvaguardia ambientale e decida di demolire. E immaginiamo anche che la decisione sia seguita da un progetto di restauro paesaggistico capace non solo di concepire com’era il luogo prima dello scempio, ma di restituirlo contemporaneamente alla natura e all’uomo. Impossibile? Bene, è successo in Spagna. In Catalogna, e per la precisione nella Girona, a Cap De Creus, dove un intero Club Méditerranée è stato demolito per ricostruire quasi filologicamente un luogo naturale. L’autore è Martì Franch, un architetto catalano di 41 anni che con questo progetto ha vinto la VII Biennale europea del Paesaggio di Barcellona (settembre 2012). In cinque anni, dal 2005 al 2010, Franch e i colleghi del suo studio sono stati impegnati nel ricreare un ambiente costiero dopo lo smembramento di 42.000 metri cubi di materiali di demolizione su una superficie di 200 ettari. Costo totale, 11 milioni di euro. Poco, se si pensa che il costo per metro quadrato è di 12,22 euro. Franch sarà lunedì 18 all’aula magna dell’Università La Sapienza di Roma per una conferenza organizzata dall'AIAPP (Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio, sezione Lazio). Abbiamo parlato con lui per capire che questa innovativa esperienza va oltre il semplice restauro. Attraverso una rete di osservatori, camminamenti e fantasiose identificazioni dei profili delle rocce con profili di animali, la filosofia del progetto mira infatti al totale coinvolgimento e condivisione della natura da parte di tutti i visitatori.


Architetto Franch, Lei ha vinto un premio importante con un progetto – Cap De Creus – che ha fatto parlare di “radicalismo ambientale” : ha fatto “svuotare” un tratto di costa da strutture turistiche e ha reinterpretato un sito naturale. In questo modo ha dimostrato che si può trasformare uno spazio pubblico in motore ecologico. Come è arrivato a spingersi a tanto?

 “Radicalismo è una definizione politica. Quello che c’è di radicale è la missione, l’incarico: nel 2005 c’era il governo Zapatero. In Italia avete fatto anche un film: “Viva Zapatero”, capisco l’entusiasmo di quel periodo. Sembrava si potessero realizzare tante cose. Ora, dal 2012, con questo nuovo governo conservatore, si può tornare a costruire sulle coste. Ma il governo Zapatero applicò una legge del 1989, la Ley de Costas, molto democratica, secondo la quale “tutta la costa è pubblica”. Questa legge prevedeva l’accessibilità al mare e se fra il mare e la strada c’era una proprietà privata preesistente, si doveva creare un passaggio pubblico attraverso la proprietà. In Spagna nessuna amministrazione ha mai avuto il coraggio di demolire, fino a quando nei primi due anni del governo Zapatero si decise l’applicazione di questa legge. I numerosi progetti di demolizione videro da un lato, un consenso pubblico abbastanza silenzioso, ma dall’altro, una campagna contraria e molto aggressiva, da parte di privati e di proprietari di alberghi e catene di alberghi. La situazione del Club Med era diversa prima di tutto perché non si trattava di proprietari spagnoli ma francesi. Poi, era un sistema insediativo che anche grazie alla posizione geografica, molto battuta dal vento, aveva costi di manutenzione molto alti. Infine, tutto intorno alla struttura era già stato istituito da tempo il grande Parco Naturale di Cap de Creus”.

Ci può parlare del lavoro di ricostruzione della vegetazione preesistente al Club Med? Quali piante esotiche infestanti avete eliminato dal sito? E quali sono le piante autoctone che avete recuperato e messo a dimora?

“L’intervento di bonifica più importante è stato quello di eliminare le esotiche infestanti, come il Carpobrotus edulis o la Gazania. Ma non abbiamo fatto un particolare lavoro di ricerca sulle essenze da seminare. Prima, negli anni del Club Med, le dinamiche naturali erano interrotte dalle piantumazioni di esotiche come dalle costruzioni. Una volta eliminate queste, abbiamo scelto di lasciare il campo all’azione della natura e della sua propria “banca del seme”: un metro quadrato di suolo può ospitare migliaia di semi che aspettano l’occasione giusta per germinare. Una botanica nostra collaboratrice ci ha infatti suggerito che è sufficiente generare le condizioni affinché la natura possa ricominciare a operare. Il lavoro più impegnativo è stato quello orografico. Abbiamo cercato di restaurare le dinamiche dei sentieri di acqua: ritrovare e ricostruire i tracciati lungo i quali si incanalava la pioggia”.


Con Cap De Creus Lei ha dimostrato che è possibile ristabilire un equilibrio ecologico dove prima questo appariva irrimediabilmente perduto. Un esempio riuscito di “riabilitazione ambientale” che fa sperare tutti noi.

“Non si tratta di un tema semplicemente ambientale, ma culturale, globale: anche un parco naturale richiama visitatori, non solo un Club Med. Ma un luogo come un albergo entra in una dinamica economica diversa. Con questo progetto noi abbiamo abilitato uno spazio sì, naturale, ma non solo. Insomma, se ci limitiamo a parlare di ambiente, molte persone possono non interessarsi o non comprendere fino in fondo l’importanza, anche economica che un parco può avere. Invece se iniziamo a considerare che un parco naturale attira il turismo, e oltre ad attirare i bagnanti d’estate, può attirare durante tutto l’arco dell’anno anche chi fa bird watching, o per esempio chi è interessato alla flora selvatica, allora iniziamo a capire la portata di un progetto come questo. Si tratta di comprendere che la natura può dare benefici diretti all’uomo. La “riabilitazione ambientale” di Cap de Creus è costata per esempio quanto il restauro del Palazzo della Musica di Barcellona e lo stesso numero di persone che visitano il Palazzo, visitano il parco di Cap de Creus. Questo risultato significa che, al pari di quando si va ad ascoltare un concerto al teatro, anche ascoltando il suono del mare si possono provare emozioni. Il valore di un parco naturale insomma, non è solo economico, ma concerne la stessa qualità della vita. E poi ciò che genera beneficio ambientale è anche beneficio culturale. Certo, è un tipo di scelta non a breve termine. Bisogna saper investire. Per queste ragioni preferisco parlare di “riabilitazione” piuttosto che di “restauro”: si tratta di un impegno totale che al di là della salvaguardia della natura, interessa la sua fruizione da parte di tutti noi. Mi piace pensare al mio progetto come a un ponte fra natura e cultura. E’ stato infatti riconosciuto come una porta che si apre su un tema. Insomma, si poteva pensare che la realizzazione di Cap de Creus fosse la prima di tante. Invece è stata la prima delle ultime. Un fiore di un giorno. Ora mi sento un po’ come l’ultimo dei Mohicani”.


Martì Franch, ingegnere agronomo, specializzato in orticultura e gardening (UPC, Barcellona,1993)e architetto paesaggista (Università di Greenwich, 1998). Nel 1999, dopo un’esperienza accademica a Londra, Amsterdam e Berlino, fonda e dirige l’“EMF landscape architecture” , studio internazionale e interdisciplinare in cui lavorano diverse professionalità esperte nel campo dell’architettura ambientale. Franch esplora i modi per costruire nuove realtà attraverso un approccio “ibrido”, culturale ed ecologico. Dal 2001 insegna all’ESAB di Barcellona. La sua opera ha ricevuto vari premi e riconoscimenti internazionali, fra cui, nel 2012, l’ ASLA Honor Award, e il Rosa Barba Prize.

L’AIAPP ha fra i compiti statutari, quello di contribuire a promuovere la formazione, le attività scientifico-culturali, di informazione, di aggiornamento professionale e di ricerca nel campo dell’architettura del paesaggio, contribuire al miglioramento della conoscenza, conservazione attiva e alla tutela dei valori del paesaggio e contribuire a qualificare e promuovere la professione dell’ “Architetto del Paesaggio”.

Foto: Dall'alto in basso: Osservatori (foto di Pau Ardèvol); marcatori per il profilo delle rocce (foto di Pau Ardèvol); prima e dopo l'intervento di riabilitazione ambientale (foto studio EMF).


Fonte TelevideoRAI

L'intellettuale è uno che non capisce niente, però con grande autorità e competenza. (Leo Longanesi)
 


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