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Offline ninfea

Google apre i suoi brevetti al software libero
« il: Marzo 30, 2013, 07:57:39 am »




Annunciato l’impegno a non rivendicare diritti su software open source basati su alcuni dei loro prodotti


Claudio Leonardi


Molte guerre si risolverebbero grazie ad atti di buona volontà unilaterali. Nella guerra dei brevetti, senza morti ma cruenta, questo atto di buona volontà sembra arrivare da Google. Il motore di ricerca annuncia  di “prendere posizione su software libero e brevetti”, giurando che non citerà in giudizio titolari di prodotti open source per rivendicare brevetti specifici, a meno che non sia attaccata per prima. Si riserva, insomma, la legittima difesa, ma nessuna iniziativa autonoma. 

Questa politica si chiama ’Patent Non-Assertion Pledge ’ e sarà inizialmente applicata a 10 brevetti relativi a MapReduce, un modello per l’elaborazione di grandi quantità di dati. BigG si è dunque impegnata a non portare in tribunale qualsiasi utente, distributore, o sviluppatore di software open-source basati su brevetti riferiti a MapReduce.

Le ragioni le spiega Duane Valz, consulente brevetti per Google, in un post sul blog: “Crediamo che i sistemi aperti siano vincenti. Il software open-source è stato alla base di molte innovazioni nel cloud computing, nel web mobile, e in Internet in generale”. E nel solco di questa convinzione “ci impegniamo a un Internet aperto, che protegga la vera innovazione e continui a fornire ottimi prodotti e servizi”.

Il motore di ricerca è stato investito in pieno dalla guerra legale che ha accompagnato, in particolare, lo sviluppo della tecnologia mobile, un mercato su cui tutti aspirano avere il controllo. Apple e Samsung (che adotta il software Android di Google) si sono ostacolati in tutti i modi nelle aule di tribunale, finché la società coreana non è stata condannata a un miliardo di multa .

Google ha acquistato a caro prezzo Motorola Mobility per tutelarsi e mettere in cascina un po’ di brevetti. Ma in una controversia con Microsoft, il motore di ricerca aveva già dato segnali di distensione, rinunciando alla causa . MapReduce, tra i prodotti sviluppati da Google, non è certo il più noto al grande pubblico, ma trova numerose applicazioni online e sviluppi open source, tra cui Apache Hadoop, adottato da grandi società quali Yahoo e Cloudera, con un ruolo fondamentale. 

Si tratta, in ogni caso, solo di un antipasto. Google ha promesso di espandere il proprio impegno di “non belligeranza” su altre tecnologie nel corso del tempo e spera di costituire un modello per l’industria e un incoraggiamento per altri titolari di brevetti, tra cui Cloudera e IBM. Una speranza che immaginiamo raccoglierà non poche reazione scettiche negli ambienti da sempre impegnati nella diffusione del software libero.

Nel documento ufficiale si legge, in ogni caso, che “Google garantisce l’uso gratuito di alcuni dei suoi brevetti in relazione con il software libero o open source”, vale a dire “qualsiasi software concesso in licenza o altrimenti distribuito al pubblico in modo tale da soddisfare qualsiasi versione di “Definizione di open source” fornito dall’Open Source Initiative presso opensource.org/osd o qualsiasi versione di “definizione di Software Libero” offerto dalla Free Software Foundation presso gnu.org/philosophy/free-sw.html ”. 

E l’impegno è destinato a vincolare anche eventuali futuri acquirenti del prodotto, e tutti i loro successori poiché “è intenzione di Google che la promessa sia giuridicamente vincolante, irrevocabile (salvo quanto previsto nella sezione “Risoluzione difensiva”) e opponibile a Google e entità controllate da Google, e dei loro successori (...). Così, Google richiederà a qualsiasi persona fisica o giuridica a cui venda o ceda uno qualsiasi dei brevetti sotto pegno che si impegnino a concordare, per iscritto, di rispettare il giuramento e di prevedere un requisito simile” per eventuali cessioni successive. 

Una forma contrattuale che ha il sapore degli antichi patti di stirpe, applicata però alla forma più avanzata di tecnologia. E anche in questo caso, quel che si vuole garantire è la stabilità, nel tempo, di un sistema. Che si chiama Internet. 

 
                                  
 


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