Autore Topic: Portalettere fannullona: colpevole di accidia e con dolo [Responsabilità e Sicurezza]  (Letto 825 volte)

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Offline ninfea


Portalettere fannullona: colpevole di accidia e con dolo

Falsificare delle firme allo scopo di concludere più velocemente il lavoro non può essere considerata una semplice leggerezza, ma comporta la condanna per aver prodotto un atto falso. Lo statuisce la Corte di Cassazione nella sentenza 8422/14.


Il caso

La Corte d’appello confermava la sentenza di condanna nei confronti di un’imputata, accusata, in qualità di portalettere, di aver contraffatto la firma del destinatario sugli avvisi di ricevimento di 6 raccomandate per non dover tornare sul luogo, trovato chiuso, una seconda volta. La perizia aveva riconosciuto la riferibilità all’imputata di tali firme. La donna ricorreva in Cassazione, deducendo l’omessa notifica del decreto di citazione, il mancato esame della Corte d’appello sulla sussistenza dell’elemento psicologico del reato, la tralasciata indicazione delle ragioni per cui era stata ritenuta condivisibile la perizia. La Corte di legittimità riteneva che il vizio di notifica all’imputata del decreto di citazione per il giudizio d’appello integra una nullità che, ove presente, doveva essere dedotta davanti alla Corte territoriale, il che non è avvenuto. Non può considerarsi, infatti, una notifica inesistente, equiparabile, perciò, ad una notificazione omessa, in quanto idonea, in concreto, a determinare la conoscenza dell’atto da parte dell’imputata. Infatti, in ragione del rapporto fiduciario, la notifica al difensore permette la conoscenza dell’atto anche alla persona difesa. Superficialità o reato? Per quanto riguardava la presenza dell’elemento psicologico del reato, la Cassazione riteneva che non si trattasse di una semplice leggerezza, valorizzando il suo intento di non tornare per la seconda volta presso il luogo trovato chiuso al momento della consegna, idoneo a dimostrare coscienza e volontarietà di falsificare la firma del destinatario. Una prova schiacciante. Per quanto riguarda il terzo motivo, il perito aveva concluso che le firme apposte nello spazio riservato al destinatario fossero opera dell’imputata. Ciò era sufficiente a confermare la sua responsabilità, avendo essa stessa ammesso di aver consegnato lei la posta e non essendo state consegnate le raccomandate. Non era, quindi, neanche necessario un ulteriore confronto tra queste firme e quelle del capo agenzia distributrice. Per questi motivi, la Cassazione rigettava il ricorso.


Fonte: www.dirittoegiustizia.it
                                  
 


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