Autore Topic: Alimentari: a rischio le scadenze "da consumarsi preferibilmente". [Consumatore]  (Letto 944 volte)

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Offline ambarambacicicoco

Alimentari: a rischio le scadenze "da consumarsi preferibilmente". Ma la dicitura è importante
21 maggio 2014

Una proposta dell'ultimo consiglio dei Ministri dell'agricoltura a Bruxelles punta a eliminare la dicitura "da consumarsi preferibilmente entro" da alcuni alimenti, per ridurre gli sprechi. Ma questa non è la reale soluzione per il consumatore, che ha informazioni in meno. Ecco cosa sapere sulle scadenze dei cibi.

Quando si parla delle date di scadenza, si tende a fare spesso confusione. A rendere le cose più complicate, durante l'ultimo consiglio dei Ministri dell'agricoltura a Bruxelles si è discussa la proposta avanzata da Olanda e Svezia di eliminare il termine minimo di conservazione (quello che viene indicato come "da consumarsi preferibilmente entro") da alcuni cibi come pasta, riso, infusi, alimenti in scatola, conserve di pesce, ma anche formaggi stagionati come il pecorino. Sostenuta anche da Austria, Danimarca, Germania e Lussemburgo, la proposta avrebbe l'obiettivo di ridurre gli sprechi.

Ma è davvero così?

Secondo alcune stime, solo il 40% dello spreco alimentare in Europa avviene per mano dei rivenditori e dei consumatori. Questo significa che il 60% del cibo viene sprecato di gran lunga prima che raggiunga gli scaffali dei supermercati. Inoltre è stato dimostrato che quasi l'80% del cibo che viene buttato appartiene al reparto degli alimenti freschi come frutta e verdura, carne e latte: tutti cibi che non contengono l'indicazione "preferibilmente entro" nella data di scadenza, oppure hanno quella "entro". Questo significa che eliminare l'indicazione "da consumarsi preferibilmente entro" non garantirebbe una soluzione al problema. Per cercare di ovviare al problema, si dovrebbe cercare di educare i consumatori a distinguere in primis le differenze tra gli alimenti "da consumare entro" e quelli che suggeriscono l'indicazione "preferibilmente". Inoltre, il problema dello spreco alimentare dovrebbe interessare e riguardare tutta la filiera di produzione, non solo l'ultimo anello della catena.

"Preferibilmente" o "entro": cosa cambia

La presenza o meno dell'avverbio "preferibilmente", come spieghiamo nel nostro speciale (vedi Altroconsumo n.281, maggio 2014) , cambia le cose e di grosso. Se c'è significa che dopo quella data l'alimento è ancora commestibile, in alcuni casi anche per mesi, e mangiandolo non si rischia alcun mal di pancia. Certo ne risentirà in termini di gusto, aroma, colore e consistenza, e non avrà lo stesso apporto di nutrimenti, ma rimane sicuro. Quanto in là possiamo spingerci rispetto a quanto indicato in etichetta? Dipende dai casi ma, in linea di massima, più lungo è il termine minimo di conservazione previsto per un determinato alimento e maggiore sarà il margine di tolleranza. Per intenderci: il tonno in scatola, che dura anni, se assunto tre mesi dopo la data indicata non avrà differenze significative. Se abbiamo dubbi, comunque, prima di buttare, apriamo, odoriamo, assaggiamo e decidiamo. Più attenzione richiedono gli alimenti maggiormente deperibili (latte fresco, uova, yogurt, ricotta, pasta fresca...) che prevedono l'idicazione "da consumarsi entro": il termine è rigido, perché c'è in gioco la salute. Questo non significa che dopo questa data scatta un meccanismo di autodistruzione immediato: in alcuni casi è possibile una certa tolleranza, sempre che il prodotto sia stato conservato correttamente.

Dal sito di Altroconsumo

L'intellettuale è uno che non capisce niente, però con grande autorità e competenza. (Leo Longanesi)
 


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