Autore Topic: Reintegro sul posto di lavoro: il trasferimento d’azienda non lo impedisce [Lavoro]  (Letto 1059 volte)

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Offline ninfea


Reintegro sul posto di lavoro: il trasferimento d’azienda non lo impedisce

In caso di licenziamento illegittimo, il rapporto di lavoro viene ricostituito anche se nel frattempo l’azienda viene trasferita. Il cessionario ha, però, la possibilità di opporre delle eccezioni, anche nel caso in cui si sia formato il giudicato nei confronti del cedente. Sono i principi enunciati dalla Cassazione nella sentenza 4130/14.


Il caso

Una dipendente conveniva in giudizio la società per cui lavorava e quella che ne aveva in seguito affittato l’azienda, per ottenere una dichiarazione di illegittimità del licenziamento e il reintegro sul posto di lavoro. Mentre la sentenza di primo grado condannava la società cessionaria alla reintegra della lavoratrice, la Corte d’appello rigettava la richiesta. I giudici rilevavano la formazione del giudicato nei confronti della società cedente e reputavano l’art. 2112 c.c., relativo al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda, inapplicabile nei casi di rapporti di lavoro cessati prima del perfezionamento del trasferimento stesso. Non era, di conseguenza, configurabile la prosecuzione del rapporto di lavoro con la cessionaria. La donna ricorreva in Cassazione, deducendo la violazione dell’art. 2112 c.c., motivata sull’accertamento dell’illegittimità del licenziamento e sull’applicabilità della tutela reale, divenuto cosa giudicata nei confronti del cedente. La Corte di legittimità ricordava un principio costante della giurisprudenza, secondo cui, in tema di trasferimento d’azienda, l’effetto estintivo del licenziamento illegittimo intimato in epoca anteriore al trasferimento medesimo è precario e destinato ad essere travolto dalla sentenza d’annullamento. Perciò, il rapporto di lavoro, ripristinato tra le parti originarie, si trasferisce, ai sensi dell’art. 2112 c.c., in capo al cessionario. La lavoratrice contestava poi le domande svolte, nel controricorso, dalla società cessionaria (riguardo alla mancata prova della cessazione del rapporto di lavoro ed alla inapplicabilità della tutela reale al cedente), sul presupposto che le questioni riguardavano il rapporto con il solo cedente. Mancherebbe, quindi, la legittimazione ad agire del cessionario a dedurre in ordine al rapporto di lavoro, potendo questo difendersi solo sull’estensibilità degli effetti relativi nei suoi confronti ex art. 2112 c.c.. Inoltre, si sarebbe già formato il giudicato sul rapporto di lavoro, con conseguente incontrovertibilità di altre questioni al riguardo. Per i giudici di legittimità, la facoltà di sollevare eccezioni relative al rapporto di lavoro cessato prima del trasferimento d’azienda non può ritenersi preclusa al cessionario, a causa dell’esistenza di un giudicato nei confronti del solo cedente. Infatti, da una parte, il lavoro continua con il cessionario, che è parte del rapporto e può, quindi, dedurre su ogni aspetto di esso, dall’altra, l’accertamento della responsabilità del cedente e del cessionario comporta delle obbligazioni scindibili. Non è quindi configurabile un’efficacia diretta nei confronti del cessionario del giudicato formatosi tra lavoratore e cedente. La Corte di Cassazione, quindi, cassava la sentenza e la rinviava alla Corte d’appello, intimandole di attenersi al seguente principio di diritto: il rapporto del lavoratore, illegittimamente licenziato prima di un trasferimento di azienda, continua con il cessionario in caso di successiva ricostituzione, essendo irrilevante l’anteriorità del recesso rispetto al trasferimento. Il cedente ha però la possibilità di opporre eccezioni relative al rapporto di lavoro, a prescindere dalle difese del cedente e dalla formazione di un giudicato nei confronti di quest’ultimo.


Fonte: www.dirittoegiustizia.it
                                  
 


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