(http://img836.imageshack.us/img836/1332/mapitalia.jpg)
Rabottini, impresa eroica
Adesso il Giro si accende
Dopo una fuga d’altri tempi cade, si rialza e vola sul traguardo bruciando Rodriguez. Schleck abbandona. Pozzovivo si dimentica di mangiare e crolla
Pian dei Resinelli
In una sola tappa il 95° Giro d’Italia regala tutto quello che aveva negato, o abilmente nascosto, nelle due settimane precedenti. Una giornata terribile ed epica lungo i 169 km da Busto Arsizio a Pian dei Resinelli, con 4 GpM, l’ultimo dopo i 15 tornanti della salita finale. In oltre 5 ore di corsa non c’è stato un solo momento di noia o di melina. Un lungo e palpitante thriller reso ancora più incerto dalla pioggia battente.
Già nei km iniziali si è capito che non sarebbe stata una tappa normale. Prima vittima eccellente Frank Schleck, due podi al Tour, che scende dalla bici e lascia il Giro dopo soli 28 km, vinto dal freddo e dal dolore a una spalla. Poco dopo abbandona anche il campione italiano Giovanni Visconti, vittima di una congestione che richiede l’intervento dell’ambulanza. Il meteo avverso e l’altimetria simile a un elettrocardiogramma impazzito consiglierebbero andatura turistica, invece dal km 18 sono partiti all’avventura il 24enne pescarese Matteo Rabottini, cognome che pare studiato apposta per il ciclismo, e il francese Bonnafond. È la solita fuga disperata, pensano i più. Invece dal gruppo ci provano altri coraggiosi, fra i quali Ulissi e Malori, due uomini Lampre del team di Scarponi e Cunego. È il segnale della battaglia, mentre si ritirano anche Brown e Hunt. Sulla picchiata dal Valico di Valcava il primo colpo di scena: parte Cunego, abile discesista, che raggiunge in fretta i compagni Ulissi e Malori, e sfida la maglia rosa Hesjedal, Basso, Rodriguez, Kreuziger. La tappa si divide così su più palcoscenici. Davanti Rabottini cerca da solo l’impresa d’altri tempi. Alle sue spalle Cunego organizza il contrattacco e diventa maglia rosa virtuale con quasi 2’ su Hesjedal. Che a sua volta insegue con l’aiuto della Liquigas di Basso, che non può dare troppa libertà a Cunego.
La corsa è in bilico tra strategia e resistenza, una poesia di coraggio e tenacia, un esercizio fachiresco di potenza in salita e di follia nelle discese più infide per la pioggia. Proprio sul Culmine San Pietro, nel Giro 2009, lo spagnolo Pedro Horrillo finì in un burrone da dove fu recuperato solo molte ore più tardi con un verricello calato dall’elicottero: si salvò per miracolo, ma non potè mai più correre. Quell’episodio torna in mente quando Rabottini, a 20 km dal trionfo, scivola in discesa e picchia duro la schiena contro il marciapiede. Sembra un’altra lunga fuga svanita sul più bello, come gli era già successo 7 giorni prima verso Rocca di Cambio. Invece «Rambo», come lo chiamano nel team Farnese, risale mezzo anchilosato in bici e ricomincia a pedalare un po’ storto ma sempre in testa. Infatti Cunego, affaticato, ha perso terreno e viene raggiunto dal suo capitano Scarponi, che aveva tentato l’allungo ma era stato stoppato da Basso, Kreuziger e Rodriguez. Scoppia invece Pozzovivo, che nella foga dell’inseguimento si era dimenticato di mangiare e ha una crisi di fame. Ecco lo striscione dell’ultimo km: Rabottini ha ancora 25” di vantaggio, ma ha rotto l’auricolare e dall’ammiraglia non riescono ad avvisarlo che da dietro Rodriguez sta rimontando come una moto. Incredibilmente lo spagnolo lo raggiunge ai 300 finali e lo supera. «Peccato non essere riuscito a vincere la tappa» dirà più tardi Rodriguez, lasciatosi in realtà sfilare con fair play dall’incredulo Rabottini nella volata a due. «È il più bel giorno della mia vita - esulta il vincitore abruzzese, in fuga per 151 km -. Lo dedico al bimbo che fra 2 settimane nascerà e alla mia compagna». Rodriguez esulta comunque per la m agl i a ro s a strappata a Hesjedal, Basso ammicca sornione dal terzo gradino della classifica. E il Giro, che ieri ricordava Fausto Coppi, archivia una pagina da ciclismo d’antan.
Giorgio Viberti
(http://s19.postimage.org/gov0iy8bj/italia_sport.gif) (http://postimage.org/)