Autore Topic: semplice accorpamento può trasformare l’originaria destinazione d’uso [Casa e Condominio]  (Letto 924 volte)

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Anche il semplice accorpamento può trasformare l’originaria destinazione d’uso

L’accorpamento di un sottotetto con l’unità abitativa sottostante e la trasformazione di una parte di una tettoia in terrazzino con realizzazione della relativa copertura comportano la modifica della originaria destinazione del locale sottotetto - costituente, di regola, un “volume tecnico”, non computabile nel calcolo della volumetria massima consentita ed avente un rapporto di strumentalità necessaria con l’utilizzazione del fabbricato – con conseguente aumento della volumetria complessiva impiegabile ad uso abitativo. Lo ha stabilito la Cassazione nella sentenza 18709/14.


Il caso

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere condannava una donna e un uomo perché, la prima quale proprietaria committente e il secondo quale direttore dei lavori, realizzavano, in totale difformità dal permesso di costruire, la trasformazione di un sottotetto in unica unità abitativa con il piano sottostante e la trasformazione di una quota parte di una tettoia in terrazzino con costruzione ex novo della copertura. Tali opere, peraltro, erano state realizzate senza un progetto esecutivo, senza denuncia dei lavori al Genio Civile e senza la direzione di un tecnico competente. Gli imputati ricorrono in Cassazione, negando che le opere eseguite avessero determinato la modifica dell’originaria destinazione d’uso del locale sottotetto e della tettoia, non essendo stati adibiti ad abitazione.

Totale difformità dal permesso di costruire: quando sussiste? Occorre, in primis, precisare che sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, volumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile. La difformità di cui si tratta può riconnettersi sia alla costruzione di un corpo autonomo sia alla effettuazione di modificazioni con opere anche soltanto interne tali da incidere sull’assetto del territorio attraverso l’aumento del c.d. carico urbanistico.

Si parla sempre di difformità nel caso di mutamento della destinazione d’uso di un immobile o di parte di esso o quando i lavori eseguiti tendano a realizzare opere non rientranti tra quelle consentite. Nel caso di specie, risulta evidente la trasformazione della originaria destinazione d’uso: deducibile la tesi secondo cui l’accorpamento di un sottotetto con l’unità abitativa sottostante e la trasformazione di una parte di una tettoia in terrazzino con realizzazione della relativa copertura comportano la modifica della originaria destinazione del locale sottotetto - costituente, di regola, un “volume tecnico”, non computabile nel calcolo della volumetria massima consentita ed avente un rapporto di strumentalità necessaria con l’utilizzazione del fabbricato – con conseguente aumento della volumetria complessiva impiegabile ad uso abitativo. Richiesta di permesso in sanatoria. I ricorrenti affermano, poi, che le opere realizzate sarebbero sanabili perché conformi allo strumento urbanistico e che la procedura di sanatoria sarebbe già stata avviata. La Suprema Corte ricorda che sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale devono pronunciarsi entro sessanta giorni, decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata. Nella fattispecie, questo termine è abbondantemente trascorso. Conclusivamente il ricorso è inammissibile.



Fonte: www.dirittoegiustizia.it
                                  
 


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