È tra i nominati per l'Arco Rock Legends, riconoscimento più prestigioso per il popolo degli arrampicatori
Ha un po' l'aspetto di Harry Potter il quindicenne ceco che sta sbaragliando le più alte difficoltà dell'arrampicata sportiva. A Melloblocco, il grande raduno di bouldering in corso in questi giorni in Val Masino (Sondrio), Adam Ondra passa da un sasso all'altro. Minuto, gli occhialini con la montatura di metallo, il corpo quasi gracile, studia la roccia per qualche istante. Poi tuffa le mani nel sacchetto di magnesite e con pochi movimenti elastici supera passaggi da incubo su cui invano aveva sudato il gotha degli scalatori. Quindi scende sorridente, saluta e via verso un altro sasso tra le migliaia sparsi per la Val di Mello, sempre seguito dai genitori, che accompagnano nei suoi giri per il mondo verticale l'enfant prodige dell'arrampicata sportiva. Il suo nome è già un mito fra gli appassionati della roccia e le testate specializzate fanno a gara per dedicargli articoli e interviste.
Al Rock Master di Arco quindici riviste internazionali l'hanno inserito tra i nominati per la seconda edizione di Arco Rock Legends, il riconoscimento più prestigioso per il popolo degli arrampicatori. Il fenomeno Ondra fa discutere. Non era mai accaduto che un ragazzino conquistasse una dopo l'altra le vie più difficili al mondo. In un anno Adam ha totalizzato una serie di scalate che per la stragrande maggioranza dei climbers potrebbero costituire il risultato di una brillante carriera dedicata alla falesia. Un tempo il limite estremo delle difficoltà era costituito dal sesto grado. Il giovane ceco viaggia ormai sull'undicesimo, oscillando, secondo la moderna scala francese, tra l'8c e il 9a+. Sono di queste difficoltà i passaggi che ha superato in alcuni dei santuari dell'arrampicata: Santa Linya e Siurana in Spagna, mentre nel luglio del 2007 aveva stupito il mondo verticale salendo in una sola giornata la tecnicissima via Silbergeier, un 8b+ nel Rätikon, in Svizzera.
A stupire sono soprattutto la facilità e la velocità con cui Adam arrampica là dove gli altri sudano sette camicie. La maggior parte delle sue imprese sono «a-vista», cioè senza avere prima provato il passaggio, o comunque «rotpunkt», senza mai attaccarsi ai chiodi neppure per riposare. La parola d'ordine è «liberare la via», salire solo con mani e piedi, senza l'ausilio dei chiodi se non per assicurare la progressione. Mentre il mondo dell'arrampicata pare sempre più attratto dall'indoor, dalle palestre artificiali con gli appigli in resina, dove si disputano le gare internazionali, Adam preferisce la roccia e la parete naturale, alternando la falesia alla via in montagna. Naturalmente continua ad andare a scuola, ma appena può scappa ad appendersi alle pareti. Per riscaldarsi comincia con un nono grado, poi passa alle cose veramente dure.
Qui a Melloblocco è tutto diverso, l'atmosfera è più rilassata. Il popolo del boulder si aggira fra i massi con i suoi crash pad, i materassi con cui attutisce i voli, e le spazzole per pulire gli appigli. Sono arrivati in duemila da una trentina di nazioni, un terzo donne, età media tra i 25 e i 35 anni. C'è una strana aria da Woodstock, la valle è invasa di ragazzi e i prati sono cosparsi di tende. Sviluppo compatibile: la magnesite lasciata sui sassi si scioglierà alla prima pioggia. Un buon inizio per la riserva naturale istituita da poche settimane dalla Regione Lombardia. Adam chiacchiera in inglese disteso sull'erba. Poi si alza e vince l'ennesimo sasso. È lui a dominare la festa dell'arrampicata. E pensare che venticinque anni fa, quando il bouldering nacque nei dintorni di Phoenix, in Arizona, il piccolo arrampicatore ceco non era ancora nato.
Franco Brevini
11 maggio 2008
corriere.it