La FIAT nasce per volontà di un ufficiale di cavalleria nato a Villar Perosa nel 1866, Giovanni Agnelli, che riunì attorno a se un gruppo di nobili e finanzieri piemontesi per conseguire lo scopo.
Il 1 luglio 1898 nel palazzo Bricherasio di via Lagrange a Torino furono buttate le basi e l' 11 luglio fu redatto l'atto notarile che ne sanciva la nasciata legale.
La prima vettura prodotta dalla Fiat fu la 3 1/2 HP che in effetti altro non era che la vettura che l'ing Aristide Faccioli aveva brevettato per conto di Giovanni Ceirano e acquistata dalla Fiat assieme a studi ed attrezzature per poter essere immediatamente sul mercato senza perdere il tempo per progettarne una propria.
Ne furono prodotti 8 esemplari. Era una vis a vis con trasmissione a catena con differenziale .Motore posteriore di 679 cc (poi 837 ed una potenza che salì a 4 HP).Raggiungeva in piano35/40 Km.
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Tra il 1900 ed il 1910 furono costruiti molti modelli, quasi tutti di cilindrata considerevole (addirittura la 60 HP del 1904 aveva un motore di 10.597 cc ).
I modelli rimanevano in produzione per circa due anni. Troviamo in quel periodo le seguenti vetture:
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- 6/8 HP del 1900/1901 di 1082 cc due cilindri orizzontali;
- 8 HP del 1901 con egual cilindrata, ma i cilindri questa volta erano verticali;
- 12/16 HP del 1901 di 3768 cc distribuiti in 4 cilindri allocati in due biblocco verticali; nel 1902 viene adottato proprio su questa vettura il primo radiatore a nido d'ape (forse perciò l'ing. Faccioli lascia la Fiat).-
Il nuovo radiatore fa migliorare la linea del cofano e della vettura stessa che diviene una molto affidabile automobile adatta a lunghi viaggi ed a trasporti.
- 16/20 del 1903 di 4181 cc. vengono adottati pistoni a sommità emisferica e si monta il cambio del tipo trains balladeurs (nella seconda versione) in luogo di quello a cricchetti fin'ora usato.

Nel1904/1905 continua la produzione della 16/20 ma solo per la denominazione dal momento che l'allungamento dei telai, il motore ridisegnato e l'adozione di carrozzerie chiuse e più confortevoli, ne fanno in effetti una vettura nuova. Anche le versioni del 1905/06, adottando un motore completamente nuovo, che tende ad allungare la corsa dei pistoni, e con il progredire della lunghezza dei telai non può che considerarsi ormai una vettura diversa delle sue omonime progenitrici.
- Nel 1907 la 18/24, pur mantenedo l'affidabile motore precedente, cambia moltissimo nella meccanica. Un compressore coassiale serviva per alimentare i servizi fra cui l' avviamento.
Fino a quel momento i motori erano "quadri" ma con la 24/32 diventano "superquadri".
Una di queste vetture di 6371 cc fu addirittura utilizzata dalla Regina Madre.
- Nel 1906 entra in produzione la 24/40 che aveva ben 7.363 cc ed un passo che andava da 290 cm per la corta a 310 cm per la lunga ed adirittura a 350 cm per una versione lunghissima. Ne furono prodotte ben 557 esemplari.
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Una nota curiosa è che le Case consegnavano le vetture senza pneumatici, delicati e costosi.-
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Quando fu messa in liquidazione la Fiat-Ansaldi, la Fiat riorganizzò l'azienda sotto il nome di Brevetti Fiat.
La ottima vettura 10/12 HP della Fiat Ansaldi fu prodotta con una modifica al telaio che le permise, operando una inclinazione posteriore verso il basso, di abbassare il piano di calpestio consentendo che i posti dietro fossero accessibili con maggiore facilità facilità. Fu adottata la trasmissione a cardano.
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Tuttavia il pensiero radicato in tutti i costruttori d' Europa era che una vera automobile dovesse avere 4 cilindri, ma una vettura di gran classe doveva averne almeno 6.
Così la Fiat si gettò nella mischia dei sei cilindri.
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La cosa rivelò immediatamente grandi difficoltà sopratutto per quanto concerneva il momento torsionale dell'albero motore, ma nel 1907 la Fiat esordì ugualmente con la 50/60 Hp a sei cilindri.
Era una vettura confortevole, sicura ed assolutamente priva di vibrazioni come si conviene ad una sei cilindri tanto che divenne immediatamente la vettura dei Re.
Si trattava di una imponente ed elegante vettura con un motore di 11.044 cc ed i 6 cilindri erano allocati in tre monoblocchi verticali. Il passo era di mm 3540 atto a supportare carozzerie spaziose, comode ed eleganti.
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Nel 1908 vide la luce la 12/14 HP Tipo 1 che era adatta sia all'utilizzo pubblico che privato avendo un motore di soli 2009 cc.
Questa vettura aveva una caratteristica nuova in quanto i 4 cilindri erano alloggiati in un unico monoblocco fuso.
La Fiat volle sperimentare sui motori più piccoli la strada del monoblocco seguendo l'esempio dell' Aquila italiana che lo aveva sperimentato da tempo con successo.
Contemporanemaente alla Tipo 1 era in produzione anche la Tipo 3 di 4939 cc (20/30 Hp). Nell'anno 1909 fu tentato anche un modello a 6 cilindri triblocco verticale, la Tipo 4 (35/45 Hp), ma ebbe scarsa fortuna e vita breve per cui dopo un solo anno e 100 esemplari costruiti, uscì di scena.
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Il ruolo di ammiraglia era rappresentato dalla 35/50 HP Tipo 5 che con i suoi 7429 cc se ne stava ai verticidella piramide.
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Da sempre la Fiat aveva adottata la strategia di recuperare i pezzi di fine serie delle vetture da corsa per utilizzarli per piccole serie di vetture di Gran Turismo con elevate prestazioni destinate ad una clientela esclusiva ed esiggente.
Fu il caso della Taunus Gran Turismo che negli anni 1908/1909 furoreggiò tra gli automobilisti di rango.
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Nel 1910 vide la luce una vettura equipaggiata con un motore che avrebbe fatto "storia" , il mod. 51, con cui fu equipaggiata in seguito la celeberrima Fiat Zero.-.
La nuova vettura venne chiamata Tipo 1 bis stando a significare che era un modello base.
Il motore aveva 1844 cc e girando a 1100 giri/min gli conferiva una agilità che fu molto apprezzata dall'utenza.
Il telaio Tipo 1 bis si è reso subito molto gradito ai carrozzieri che prendendo spunto dallo spider di serie, realizzarono molte elaborazioni (Diatto, Garavini et C.).-
Una versione dell'autotelaio Tipo 1 bis, ribattezzato Tipo 1 T, fece da supporto a tantissimi automezzi per il piccolo trasporto merci e fu richiesto ed apprezzato anche all'estero.

Ed eccoci giunti alla "Favolosa Zero" divenuta nel 1813 la TIPO ZERO A con motore 51 A.
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Ne furono costruiti ben 2000 esemplari ed ottenne un successo strepitoso. Moltissime Case costruttrici tentarono di imitarla alcuni riuscendoci in parte (Bianchi A2) altri nemmeno avicinandocisi.
Ancora oggi la "Zero" rappresenta il sogno dei collezionisti.
L' esemplare della foto, è stato reperito in Sicilia dal barone Giorgio Franchetti e da Fulvio Carosi, che lo portarono a Roma, ove subì un minuzioso restaurato . Adesso fa parte della raccolta FIAT presso il Centro Storico Fiat di via Chiabrera a Torino creato dall'indimenticabile amico, comandante Augusto Costantino.
L'autotelaio veniva all'epoca sia carrozzato dalla Fiat e sia dato ai vari carrozzieri che ne fecero dei veri gioielli vestendola torpedo, cabriloet, landaulet, spider.
. Dalla Fiat Zero si diramò una piccola serie di 78 esemplari detta "Brooklands" per via del radiatore ovoidale che si ispirava a quello montato nel 1911 sulla 300 HP Tipo S.76 che aveva su quella pista inglese stabilito i suoi primati.
Si presume che al vestito sportivo corrispondesse anche un motore elaborato.
. Con la stessa motorizzazione fu realizzata anche la Tipo 1 A, che era una vettura sia per famiglia che per noleggio.

Con motore 52 e poi 52 A (2612 cc) fu invece equipaggiata la Fiat Tipo 2 e Tipo 2 B prima e seconda serie.
Della Tipo 2 base poco si sa stante il brevissimo periodo di produzione, ma invece si conosce bene la Tipo 2 B prima e seconda serie.
La seconda serie della B adottò il radiatore ovoidale verso cui si stava orientando il gusto del pubblico.
Uno splendido esemplare di Tipo 2 B prima serie, restuarato a Roma sempre da Giorgio Franchetti e Fulvio Carosi, è conservato presso il Centro Storico Fiat di via Chiabrera in Torino (vedi foto).
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Fu prodotto anche un telaio diritto nel posteriore (Tipo 2 T) per alloggiare carrozzerie commerciali a cassone o piccoli pulmanns solitamente di alberghi.
Nella foto un esemplare di char a bank in uso presso un hotel ed oggi facente parte di una collezione privata.
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Le vetture (Tipo 1, 3,4,5,6) rinacquero equipaggiate con il nuovo motore 52,53,54 .-
La Tipo 70
Ormai il mercato si indirizzava verso la utilitaria robusta e sicura per cui dal 1915 al '20 la Casa produsse la Tipo 70.
Stranamente la macchina fu lanciata con un radiatore a spigoli vivi (anni '12) e solo in secondo tempo montò un radiatore più "dolce" quasi ovoidale. Aveva una cilindrata di 2000 cc ma sopratutto era una macchina con impianto elettrico completo. La trasmissione era cardanica e le ruote di misura 765x105 erano montate su ruote a razze in lamiera tipo Sankey.
Tuttavia il motore era ancora un retaggio del passato e non rappresentava niente di innovativo.
Fu utile però ad aprire la strada alla vera stella degli anni '20: la 501.-

Fu la vera macchina ideale degli anni 20. Non piccola da essere debole, non grande da essere tartassata dal fisco (anche allora!) la 501 era dotata di una robustezza da farne un trattore agricolo, ma da una semplicità da far sentire a suo agio chiunque anche non molto ferrato din fatto di meccanica.
Alcuni motori sono ancora onorevolmente impengnati in Africa per generatori di elettricità o per tirare l'acqua dai pozzi e fino a qualche anno addietro non era raro trovarne anche nelle campagne italiane.
Vide la luce, su progetto di ... un avvocato (sic!), l'avvocato Cavallo, nel 1919 e continua la sua marcia trionfale fino al 1926 (almeno apparentemente, vedremo dopo perchè).
Quattro cilindri in un monoblocco verticale di soli 1460 cc che erogavano 23 CV. La prima serie aveva la testa fusa con il monoblocco, mentre in seguito era staccabile.
Ne furono prodotte ben 66.850. Fu carrozzata in tutte le versioni: torpedo, spider, landau, landaulet, berlina, Weimann, cab, taxi, barchetta, siluro sport.
Nacque con cerchi metallici a razze tipo Sankey a tallone 760x90 ma in seguito adottò le più comode ballon 14x 45 (... quasi 18).
Una piccola serie di 2614 esemplari fu equipaggiata con motore 101 S che aveva 26.5 CV a 3000 giri ed anche il rapporto di compressione fu elevato a 5,5:1.
Questa serie sportiva era carrozzata torpedo, senza pedane, i parafanghi anteriori avevano una simpaticissima forma ad "orecchio di pipistrello" e finivano alla base del coup vent. Anche i parafanghi posteriori erano a ... sventola.
Poche le originali sopravvissute ... molte le presenti sulla scena !
Quella della foto, reperita nelle condizioni in cui si vede, era appartenuta ad un corridore automobilistico di Gallico (Reggio Calabria), il compianto Crisalli, adesso fa parte di una collezione privata italiana.
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Il coup vent aveva feritoie con sportellini per l'areazione ai piedi del passeggero anteriore e del guidatore.
La prima serie aveva freni solo sulle ruote posteriori e solamente nelle serie ultime.
In effetti la 502 non fu una macchina a se stante, ma solo la versione strapuntinata della 501.
Dicevamo prima che la 501 cessa "apparentemente" al 1926 ma in effetti la 501 non muore, ma solamente assume un nuovo nome quando la Fiat decide un restiling ed invece che una ulteriore serie della 501 lancia la 503.
Qesta nuova nata meccanicamente è in tutto simile alla 501 (meno che per la testata Ricardo che con una nuova turbolenza riesce a sfruttare meglio i sui HP) ed ovviamente alla carozzeria che diviene più ampia ed adotta il radiatore di nuova foggia squadrato abbandonando quello "a pera" ovoidale della 501.
Stessa sorte tocca alla alle coeve della 501, la 505 che diventa 507 ed alla 510 che diviene 512 .
. Intanto nel 1921 la Fiat pensava ad una vettura che potesse interessare ai mercati di oltreoceano e progettò la SUPERFIAT Tipo 520 che avrebbe dovuto accogliere un motore a 12 cilindri a V 60° allocati in due monoblocchi con una cilindrata di 6805 cc.
La crisi mondiale del 1922 vanificò il progetto Fiat e di SUPERFIAT se ne costrui qualche esemplare, forse solo i prototipi.

La mancata entrata in produzione della SUPERFIAT obbligò la Fiat a pensare ad un nuovo modello che facesse da ammiraglia alla propria flotta auto. Così nel 1922 vede la luce la 519 che verrà prodotta anche in versione 519 B e 519 S fino al 1927 in 2411 esemplari.
La vettura era equipaggiata con il moto 119 a sei cilinfri verticali ed aveva 4764 cc che erogavano 77 CV, frizione a dischi multipli, 4 velocità + RM ed un passo di mm 3600 (3300 la "S").
Molte le caratteristiche che la volevano, degnamente, porre a sostituta della Superfiat. Servofreno compensatore, valvole in testa, asse di sterzo regolabile. adottò inoltre la sospensione cantilever per elevarne il confort, ma la scarsa precisione fecero tornare la Fiat nella serie "B" alle vecchie ed affidabili balestre semiellittiche . Rimase comunque una vettura prestigiosissima che poteva ritenersi "cadetta" alla Superfiat solo per il numero dei cilindi che erano 6 in luogo di 12.
Ovvio che un simile gioiello dovesse accendere gli appetiti di moltissimi prestigiosi carrozzieri che la vestirono in tutte le versioni di carrozzeria, ma sempre con un trand molto elvato.
Molto belle ed apprezzate le "S" sia nella versione Torpedo corto che nello splendido Torpedo bateau che finì per divenire il modello ufficiale della casa e spesso veniva equipaggiato con il radiatore a diedro con due stemmi della Fiat.
Un esemplare magnificamente conservato trovasi presso il Museo Biscaretti di Torino ed appartenne al senatore Giovanni Agnelli
Tuttavia la FIAT capì che il "mercato" non era fatto da ammiraglie, ma dalle economiche e dai cyclecars e si apprestò a dare una risposta al grosso pubblico con una vetturetta che oltre che poter contare sull'ormai capillare rete di assistenza FIAT poteva essere acquistata a rate mensile. Nasce così la finanziaria SAVA e si inaugura il "mondo delle rate"!

Fu così che nel 1925 la Casa mette in produzione la 509 vettura a 4 comodi posti dalle dimensioni contenute, anche se rispettosa degli spazi di abitabilità, equipaggiata con un motore di soli 990 cc che erogavano comunque 22 CV, valvole in testa, ruote originariamente 715x115 e dopo 12x45 straight side.
Il cambio a tre marce + RM aveva una terza lunga che le faceva raggiungere i 78 Km/h ma poco potente per cui si doveva utilizzare spessissimo la seconda marcio che invece era cortissima e riduceva quindi la velocità di marcia in modo drastico.
Fu un vero successo tanto che se ne costuirono 23049 esemplari.
Punto debole della 509 furono le bronzine che mal reggevano sotto sforzo tanto che si guadagnò la fama di fondere alla sola vista di una salita. Chiaramente la vetturetta pur se aggraziata ed efficente non aveva l'affidabilità e la robusezza della 501 e nel confronto ne uscì sempre perdente.
Per tale ragione la Fiat propose la 509 A che con testata ridisegnata, sistema di lubrificazione potenziato che evitava i famosi cedimenti dei cuscinetti, carburatore a sinistra per lasciar posto ai collettori di scarico esterni , riuscì a conquistarsi il suo "posto al sole" in tutta dignità.
Vi furono moltissime versioni di carrozzeria (Faux Cabriolet, Berlina metallica 2 e 4 luci, Coupè, Torpedo, spyder ecc.) e vi fu anche una versione commerciale che consisteva in una corrozzeria torpedo a soli due sportelli (la 509 A ne aveva ormai 4) ed uno sportellone posteriore che, avendo levati i divani posteriori, ne facevano uno spazioso veicolo trasporto merci.
Fu allestita anche una versione sport (509 S e 509 SM) che mediante nuovi pistoni ad alta compressione, molle valvole irrobustite sviluppò ben 25 CV la "S" ed addirittura 30 la SM.
Copiando l'orientamento d'oltre oceano anche la Fiat volle produrre un sei cilindri che andasse incontro alle masse evitando che si rivolgessero a macchine straniere.
Progetta e mette in produzione quindi una vettura che pur avendo sei cilindri fosse di piccola cilindrata (2334 cc) per evitare i rigori del fisco, ma per merito delle camere di scoppio ad alta turbolenza fornivano una buona "coppia" ai bassi regimi evitando il frequente uso del cambio.
La vettura incontrò immediatamente i favori del pubblico perchè il nuovo motore 120 era veramente funzionale.
La 520 fu la capostipite di una lunghissima serie futura di automobili.
Di linea pulita somigliava molto alla 503 ma presentava tutti i vantagi di affidabilità di un sei cilindri e di una cilindrata che, anche se relativamente contenuta, era pur sempre di 2234 cc.
Ospitava 5 passeggeri compreso il guidatore e fu carrozzata da molti carrozzieri in svariate versioni.
Aveva un passo di 2900 mm, il chè la rese poco adatta a versioni più spaziose od a montare strapuntini per altre due persone.
La richiesta di una versione lunga fu enorme da parte dell'utenza, ma la Fiat non volle dare ascolto alle riichieste e dopo solo due anni preferì lanciare una nuova vettura

La nuova vettura montò un motore che partì dal mod 120 e divenne 121 con leggero aumento dell'alesaggio ed una conseguente crescita della cilindrata che passa a 2516 cc., i CV che originariamente nel motore della 520 erano 46 passano 50 nella 521.
Il passo fu di 3140 mm che permise di ottenere spazi più ampii e confortevoli. Tuttavia fu allestita anche una versione corta, 521 C, che prese il telaio della vecchia 520 (2900 mm).
La carrozzeria della 521 riecheggiava l'ammiraglia Fiat del momento che era rappresentata dalla 525 di impostazione americaneggianti.
La vettura fu un vero successo tanto che occupò quasi tutti gli spazi di mercato con carrozzerie che spaziavano dalla torpedo alla berlina, dalla coupè-royal alla spyder ed alla coupè de ville.
Tutt'oggi sono esistenti degli splendidi esemplari saldamente in mano a privati collezionisti che li ritengono il top della collezione.
Dal "supporto" 521 derivarono in seguito la 522 e la 524 nonchè da quel motore anche la Fiat Ardita 1700 cc e 2500 cc del 1934 (anche se la carrozzeria ormai aveva assunto nuovi orientamenti).
Per la 522 furono allestite anche versioni sportive con motore di 65 CV e per l'Ardita una versione "S" di 60 CV.