Autore Topic: La BUONA SCUOLA la fanno i Tribunali [Cittadino e Istituzioni]  (Letto 2251 volte)

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La BUONA SCUOLA la fanno i Tribunali [Cittadino e Istituzioni]
« il: Settembre 26, 2015, 07:19:31 am »
SCUOLA – Sentenza del tribunale lavoro di Genova sulla ricostruzione di carriera dei docenti: gli anni di precariato valgono tutti. Il Miur trema.

Dopo quella emessa solo pochi giorni fa dai giudici di Torino, che hanno assegnato 20mila euro di arretrati ad una docente con nove anni di pre-ruolo, e le continue sentenze favorevoli emesse dalla curia europea, stavolta il ricorso è stato vinto da un’insegnante della secondaria superiore assunta a tempo indeterminato nel 1997 e che ha iniziato a fare supplenze nel 1983: la donna, pur avendo lavorato per quasi tre lustri con continuità al servizio dello Stato – con i connessi oneri e responsabilità, in nulla inferiori a quelli dei colleghi di ruolo – era stata illegittimamente sempre mantenuta al livello stipendiale d’ingresso. Il giudice ha assegnato alla docente quasi 3mila euro di aumento in più all’anno, a titolo di differenze retributive medio tempo maturate nell'ultimo quinquennio. Al Miur, invece, assieme alla condanna per aver prodotto un “ingiusto rallentamento della progressione stipendiale” violando i “principi costituzionali di ragionevolezza e di equità retributiva”, è stato comminato anche il pagamento di 2mila euro per le spese legali.

Marcello Pacifico (presidente Anief): finalmente anche in Italia si volta pagina sulle questione delle ricostruzioni di carriera. Sono più di 600mila docenti e Ata, molti dei quali con decenni di precariato alle spalle, che potrebbero essere coinvolti in tale interpretazione favorevole e ricorrere allo stesso modo: trovando giustizia e riscuotendo diverse migliaia di euro ingiustamente loro sottratte nel corso degli anni.

Ancora una sentenza di un tribunale italiano che dà il via libera alla ricostruzione di carriera degli insegnanti comprendente per intero il periodo di precariato. Dopo quella emessa solo pochi giorni fa dai giudici di Torino, che hanno assegnato 20mila euro di arretrati ad una docente immessa in ruolo nel 2007/08 con nove anni di pre-ruolo, e le continue sentenze favorevoli emesse dalla curia europea, tra cui quella recentissima riguardante una dipendente spagnola, stavolta il ricorso è stato vinto da un’insegnante della secondaria superiore assunta a tempo indeterminato nel 1997 e che ha iniziato a fare supplenze nel 1983: la donna, pur avendo lavorato per quasi tre lustri con continuità al servizio dello Stato – con i connessi oneri e responsabilità, in nulla inferiori a quelli dei colleghi di ruolo – era stata illegittimamente sempre mantenuta al livello stipendiale d’ingresso.

Il giudice del lavoro di Genova ha disposto per la ricorrente il passaggio alla fascia stipendiale successiva, con il recupero per intero dell’anzianità pre-ruolo dal 2012/2013 come chiesto dall’avv. Corrado Resta di Anief: “a fronte dei 14 anni effettivamente prestati nelle stesse mansioni per cui adesso – riporta la sentenza - è stata immessa in ruolo”, la docente “si è vista riconoscere solo 9 anni ai fini giuridici ed economici (4 per intero e i restanti 6 anni solo per i 2/3), con conseguente ingiusto rallentamento della progressione stipendiale”. La sentenza ha comportato per la docente quasi 3mila euro di aumento in più all’anno, a titolo di differenze retributive medio tempore maturate nell'ultimo quinquennio. Per il Miur, invece, assieme alla condanna è arrivato il pagamento di 2mila euro per le spese legali.

Per la docente è stato quindi parificato il servizio svolto con plurimi contratti a tempo determinato a quello svolto con contratto a tempo indeterminato. Nella sentenza si spiega che “il servizio d’insegnamento è stato prestato dal ricorrente in possesso del titolo di abilitazione e specializzazione che dà accesso alle immissioni in ruolo nella classe concorsuale di appartenenza. Dall’anno scolastico 1983/1984 all’anno scolastico 1996/1997 il datore di lavoro non è stato il singolo Istituto Scolastico di turno ma il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nel cui ambito quel rapporto di lavoro ha soddisfatto un’esigenza lavorativa istituzionale ordinaria, corrente, nel tempo immutata, tutt’altro che eccezionale o temporanea, ma destinata a soddisfare esigenze permanenti e durevoli del datore di lavoro”.

Inoltre, gli incarichi “non sono stati prestati per la supplenza del personale di ruolo temporaneamente assente (per malattia, gravidanza, incarico istituzionale, ecc…), ma in forza di ripetuti incarichi annuali o fino al termine delle attività didattiche su posti vacanti (cioè non ricoperti da alcun titolare)”. Solo che la docente “durante lo svolgimento del rapporto di lavoro in regime di precariato, ha sempre percepito lo stesso stipendio di un docente neo abilitato al primo incarico d’insegnamento, con evidente mortificazione, anche sotto il profilo retributivo, della professionalità dalla stessa acquisita e relativo danno economico”.

In particolare, all’insegnante sono stati negati “gli scatti stipendiali del 2,50% sullo stipendio tabellare, espressamente previsti - per gli incarichi conferiti dall’Ufficio Scolastico Provinciale - dall’art. 53 della L. 312/80”. Mentre “la predetta norma, rubricata “Personale non di ruolo”, infatti, prevede che […]. Al personale di cui al presente articolo, con nomina da parte del Provveditore agli studi od altro organo in base a disposizioni speciali, escluse in ogni caso le supplenze, sono attribuiti aumenti periodici per ogni biennio di servizio prestato a partire dal 1° giugno 1977 in ragione del 2,50 per cento calcolati sulla base dello stipendio iniziale”.

Il giudice del lavoro di Genova, ha pertanto accolto la tesi secondo cui “la mancata piena valorizzazione del servizio pre-ruolo, a fini giuridici ed economici, comporta una patente violazione dei principi costituzionali di ragionevolezza e di equità retributiva (di cui al combinato disposto degli artt. 3 e 36 Cost.), nonché del connesso principio di non discriminazione tra lavoratori di cui all’art. 6 D. Lgs. n. 368/01 e art. 45, comma 2, D. Lgs. n. 165/01”. E che nel “panorama normativo italiano, non possono esservi fonti normative (o pattizie) che, in assenza di esplicite “ragioni oggettive”, limitano il diritto dei lavoratori pubblici a tempo determinato a godere degli stessi vantaggi che lo Stato membro riserva ai lavoratori pubblici a tempo indeterminato”.

Pertanto, “il richiamo alla mera natura temporanea del lavoro del personale della pubblica amministrazione non è conforme ai suddetti requisiti e non può dunque configurare una «ragione oggettiva»”. Poiché, “non basta una disciplina di legge purchessia a determinare una valida deroga all’Accordo Quadro, ma è necessaria una disciplina che individui ragioni oggettive atte, per quanto qui interessa, a giustificare un diverso trattamento economico”. E Pure il Tribunale di Alba ha recentemente rilevato che “per verificare il diritto agli aumenti periodici biennali del 2,5% previsto dall’art. 53 deve utilizzarsi quale parametro la prestazione di almeno 180 giorni reiterata per due anni consecutivi e non già la durata dell’incarico sino al 31 agosto.

Si avvalora, quindi, il principio di non discriminazione, formatosi intorno alle sentenze relative alla direttiva europea 70/99, che impone la valutazione immediata per intero del servizio pre-ruolo nella ricostruzione di carriera del personale della scuola, come ha ricordato, ancora di recente, la Commissione Ue in risposta all’ennesima denuncia di un cittadino italiano.

“Siamo convinti – dichiara con soddisfazione Marcello Pacifico, presidente Anief, segretario organizzativo Confedir e confederale Cisal - che finalmente anche in Italia si stia voltando pagina sulle questione delle ricostruzioni di carriera. Questa volta il Ministero dell’Istruzione trema, perchè è il secondo caso in pochi giorni su ricorsi presentati da Anief dopo la pronuncia di Torino, ma soprattutto sono più di 600mila docenti e Ata, molti dei quali con decenni di precariato alle spalle, potrebbero essere coinvolti in questa interpretazione loro favorevole e ricorrere allo stesso modo: trovando giustizia e riscuotendo – conclude Pacifico – diverse migliaia di euro ingiustamente loro sottratte nel corso degli anni”.

Per approfondimenti:

LA SENTENZA DELLA CORTE UE (Terza Sezione) del 9 luglio 2015

La sentenza di Lussemburgo va allargata a tutto il pubblico impiego

Precariato, ancora confusione sui posti liberi: il Miur ostacola il regolare censimento

Ricostruzione di carriera: per la Corte Europea, gli anni di precariato vanno valutati per intero

Ricostruzione di carriera: gli anni di pre-ruolo vanno valutati per intero

Tribunale di Torino: accolto primo ricorso su ricostruzione di carriera di tutto il periodo pre-ruolo

Sentenza della Curia europea: ai precari vanno concessi gli scatti di anzianità. Solo in Italia danneggiati oltre mezzo milione di lavoratori

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17 luglio 2015                                                                                               Ufficio Stampa Anief

                                                                                                                           www.anief.org


Dal sito anief.org

L'intellettuale è uno che non capisce niente, però con grande autorità e competenza. (Leo Longanesi)